Cinema & Teatro, Luciano Odorisio

Madonne & Puttane 3

Fa tanto caldo.

    Dietro i covoni lui spoglia lei che ride finalmente disponibile, il reggicalze non regge più nulla, il seno provocatoriamente offerto alle voglie del coscritto.

    – E dài allora, fammi vedere che sai fare. –

    – Mò mi ti mangio… –

    – Ahahah, ma lo sai che potrei essere tua madre… sei un poppante, vuoi il latte? -, ridendo spudorata.

    Il soldatino non se lo fa ripetere una seconda volta e le addenta il capezzolo per ciucciarlo con la voracità e l’imbranataggine della sua giovane età.

    Lei butta la matassa di capelli all’indietro chiudendo gli occhi e aspirando a denti stretti il desiderio del ragazzo che sfarfuglia arrapato:

    – Sì, mamma, sì, voglio il latte… mamma bona… bona… dammi il latte, puttana… –

    – Ehi, guagliuncè, ma si dicono… queste… parolacce… alla…alla tua mammina? -, sottovoce, rauca, pause da orgasmo rattenuto, piacere intenso, sangue caldo.

    – Sì, sì, mammina troia…mmmm…mammina troia e puttan’… –

    – Ahahahahah… – ride lei gorgogliando godimento.

    Il viso radioso della donna contrasta con il volto reclinato e sofferente della Madonna dei Sette Dolori, portata in processione da nerboruti incappucciati nella stradina principale fra alberi e palazzine di campagna.

    Bacio a mordersi le labbra, ambedue sudati a leccarsi guancia e bocca e collo, fissandosi, lingua saliva, occhi negli occhi.

    Sette stiletti sette, conficcati a raggiera nel rosso cuore fiammeggiante, martoriato anche, tante volte non bastassero le sofferenze provocate dagli stiletti, da un cilicio di spine dalle punte sanguinanti.

    La mano del ragazzo risale la gamba di lei insinuandosi fra le cosce fino agli slippini di seta, neri come nero è il fazzoletto di tulle fra le dita rosate della madre del Cristo che nell’altra mano mostra un rosario col figlio in croce che se la passa peggio della madre.

    La roscia dischiude le labbra, in attesa, ansima, lo cerca con gli occhi, il gioco è finito e glielo comunica con lo sguardo.

    Basta, ora lo vuole!

    Il manto nero con bordi dorati della Madonna in lutto eterno, ricoperto di banconote consunte appuntate dappertutto e immaginette votive, riflette i colori di un girello che fischia avvitandosi chissà dove.

    La svergognata inarca la schiena, pronta a ricevere la foga del suo stallone, lo vuole dentro di sé, ora!

    Una mano tremante poggia un ex-voto ai piedi della statua, una sacra rappresentazione disegnata alla buona, naivetè casareccia, uno scarabocchio su foglio di quaderno a quadretti macchiato di sugo con la ventresca che anche Maria lo disapprova, bleah.

    Il figlio reclina la testa dall’altra parte della croce, demoralizzato da tanta sciatteria.

    Che tempi!

    Il soldatino le dà il colpo di grazia, tanto atteso, tanto voluto – AAH!!! –

Fuochi d’artificio colorano il cielo.

    Un petardo scoppia sul volto della Madonna illuminandolo per un istante e nel gioco luce ombra un baluginio.

    – Miracol’, miracol’… – urla un babbione quarantenne con la faccia da tonto tredicenne – Miracol’, miracol’, la Matonn’ ha piant’! -.

    Gli arriva uno sberlone in testa CIAAF!, Ahi!, da un vecchietto lì accanto che ride a crepapelle.

    – Quanto sei scemo, nipote mio, quell’ è lu girello che gli ‘a scoppiat’ ‘n faccia! Ahahah… –

    Nell’anfratto fra i covoni i due fanno l’amore, selvaggiamente, impudicamente, ad aggredirsi, con passione, senza freni.

    Ora è lei a divorarlo.

    Lui si perde fra le sue braccia e fra le sue cosce belle lisce carnose dove affonda le mani lasciando il segno delle dita come nel burro, come nel ratto di Proserpina il Bernini lasciò le sue nel marmo di Carrara.

    La Madonna sotto la veletta non ha più lacrime per quanto ha pianto, del figlio in croce neanche a parlarne, si limita a lanciare di tanto in tanto occhiate al cielo in muti rimproveri…

… mentre il soldatino e Maristella godono senza più ritegno rotolandosi nella paglia avvinghiati in un sol corpo con le belle cosce bianche di lei a tenaglia sui fianchi del giovane puledro in calore con le brache calate, a culo nudo…

Da “Il paese che non c’era” di prossima pubblicazione

Intanto…

Claudio Trionfera per Maxim: “Luciano Odorisio non è uno scrittore ma un regista di fine sensibilità e passione. Tuttavia in questo suo libro riesce a dimostrarsi scrittore con le medesime caratteristiche del cineasta. Coinvolgendo e divertendo, soprattutto accendendo la memoria fino a provocarla e, in qualche modo, a tormentarla quando il ricordo si fa strada senza fatica in una beata gioventù fatta di eventi, flash, personaggi e sensazioni.” (continua)

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