Le ricette di casa, Luciano Odorisio

Uova al tegamino con peperoni bastardoni cruschi croccanti…

di Luciano Odorisio

Scrocchiareli devono essere i bastardoni, peperoni dolci seccati al sole.

 

Importati in passato dall’America, sono tipici di Altino della provincia di Teramo ma sono poi diventati famosi dappertutto sia pure con altri nomi come Saracone o Farfullone, Peperoni Cruschi (Basilicata), nomi a cazzo di cane, ma evocativi di un mondo che non c’è più.

Mio nonno Giuseppe, sempre quello per parte di madre, quello che combatteva con i lupi mannari per intenderci, li chiamava “Bastardoni” e ci metteva quel gusto della rivincita…dello sfregio.

Io lo so a chi pensava, il vecchio comunistaccio, pensava ai fascisti e mo’ se li magnava alla scrocchiarella, insultandoli mentre mangiava «’Sti bastardun’!» con un buon bicchiere di rosso di Graziella, la cantina di Porta Pescara.

 

 

Qualhe tenpo dopo ci avrei girato alcune scene di un film, Via Paradiso.

 

 

«Vai a comprare un litro di rosso da Graziella la ‘mbriacona, vai…», mi chiedeva allungandomi anche la cinque lire per la liquirizia a ceppo, cioè le radici della liquirizia,

 

che io compravo dalla nonna dei fratellini Franco e Luciano con i quali giocavo a sottomuro su per quella salita del Gas, dove in fondo c’era l’abbeveratoio di cavalli, luogo di raduno dei lupi mannari nelle notti di luna piena.

 

 

 

 

 

E me lo chiedeva dopo verso le sei del pomeriggio, finiti i compiti, perchè sapeva che mi sarei perso per strada…ma io ci tenevo a vedere sfornellare mia nonna Maria e alle otto in punto ero a casa.

Nonna e nonno, Maria e Giuseppe…da piccolissimo così li immaginavo, e mi sentivo fortunato di avere  Maria e Giuseppe di Nazareth in casa…poi crescendo, come tutti i sogni infantili, comnciavo a rendermi conto che somigliavano sempre meno ai sacri modelli, sempre meno, sempre meno, fin quando mi accorsi che erano tutt’altro e lasciai perdere ogni riferimento religioso del cazzo.

Lui comunistaccio.

 

Lei Maria, quella che mi consigliava di godermela quando passavo nella peccaminosa via Paradiso.

 

 

Ed eccola la nonna ai fornelli della cucina “economica”, pronta.

 

 

Da una parte i bastardoni…dal’altra le uova e un enorme ferzora che sfrigolava.

 

Nel frattempo mamma aveva apparecchiato.

E papà era chiuso nel suo studio a suonare la Csárdás di Monti.

 

 

 

 

 

Il litrozzo di vino di Graziella la ‘mbriacona campeggiava al centro del tavolo nel suo fiasco impagliato…a volte ci si dimenticava di mettere la bottiglia dell’acqua…quella del vino mai!

I “pipidigni”, altro nome dei bastardoni erano già pronti…rosolati in un’altra ferzora senza olio per una decina di minuti sempre rivoltandoli con la cucchiarella sennò si bruciano…quando son duri vuol dire che son croccanti, togliere subito dal fuoco e metterli da una parte.

L’olio sfrigolava.

«E mitt’ l’ov’ cazz’, sennò fa lu fum’!», consigliò nonno Giuseppe col piglio di quello che lottava con i lupi mannari e vinceva…e che doveva rompere il cazzo anche al “pataterno” sinnò non era contento, per dirla tutta.

Ma aveva ragione, oggi si direbbe che l’olio non deve mai raggiungere il “punto di fumo” altrimenti fa male e cambia sapore.

La Csárdás dall’altra stanza subiva impennate, variazioni necessarie al percorso musicale dello spartito, ai sogni di mio padre che si “ricapava” quel momento per isolarsi da una vita grigia e frustrante, in una parola di merda!

L’unico suo sfogo era la musica.

Ed ecco la nonna destreggiarsi con le uova, dopo aver gustato un bicchiderozzo di rosso, il sui debole, il Montepulciano…ma anche altri vitigni, non disdegnava nulla tranne l’acqua.

 

«L’acqua va alla spall’», diceva ridendo, e giù un bicchierozzo, e voleva far bere anche il mio cagnolino, Topolino, quando li ritrovammo ‘mbriachi tutt’e due e….ma questa è un’altra storia.

 

Riusciva a rompere le uova con una mano sola e far scivolare albume e tuorlo sempre con la stessa mano, tre dita davanti e due di dietro,  e si aprivano a conchiglia…aaah, le nonne di una volta.

Io mai riuscito.

E le uova cominciavano a sfrigolare, scoppiettare ai lati che pian piano si doravano.

«Ecco vedi, nipote mio…mò stann’ a diventà croccanti sotto e morbide sopr’, sei capito?»

«Sì, nonna, sono capito…», rispondevo io usando lo stesso dialetto suo per evitare di sentirmi in colpa di andare a scuola.

Nonna aveva fatto la terza ripetuta tre volte…terza elementare intendo.

Di nonno non si è mai saputo nulla.

 

In fondo ad uno che combatte con i lupi mannari non hai manco il coraggio di chiedere…

 

 

 

Prima di togliere dal fuoco aggiungeva i bastardoni per far insaporire il tutto.

 

Ma lei era capace anche di cucinare i bastardoni con poco olio e poi aggiungere le uova e l’amalgama era la perfezione in terra.

 

Ma non lo consiglio, è difficile.

 

«Adè, è pronto in tavola», urlava mia madre amio padre…

E l’enorme ferzora veniva poggiata al centro facendo spazio.

Solo la bottiglia di vino mia nonna voleva che restasse sempre centrale…

Mmmm, che buone le uova al tegamino con i bastardoni, non potete sapere, e con le “felle” abbrustolite di pane fatto in casa, quello vero, senza buchi…

Io ci provo ancora oggi…ma come li faceva nonna Maria era un’altra cosa…quel sapore della mia infanzia, delle prime scoperte…quei giorni della ferzora…

Ah sì, per quanto riguarda la ferzora alcuni addolciscono la “z” con una “s”, fersora…ma non sanno un cazzo.

Ferzora è la ferzora e basta!

«E mò ci magnem’ sti bastardoni del cazzo!», le ultime parole del nonno prima della sgranocchiata generale con le “felle” di pane fatto in casa da intingere nel tuorlo ancora cremoso…e nonna Maria, appena seduta, si faceva un altro bicchierozzo…la sua passione, ma questa è un’altra storia…

E con i bastardoni ci potete fare tutto…dipende dalla vostra creatività…io li adoro sbriciolati con pasta e ceci e poi col baccalà e patate, salsicce, la pasta normale…io adoro sagne e ceci o coccole e ceci in mancanza di sagne…

Coccole e ceci e bastardoni

 

Spaghetti con bastardoni
Salsicce patate e bastardoni

 

 

 

 

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Funghi con bastardoni

 

 

 

 

 

 

 

Luciano Odorisio

 

 

 

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