Luciano Odorisio

E un giorno arrivò Passaretto…

A volte si sentiva da lontano una specie di richiamo, un fischio magico, musicale.

Era “Passaretto” che cercava un giaciglio per la notte.

Allora si faceva silenzio e si ascoltava, ognuno seguendo dentro di sé la melodia dei propri sentimenti che il fischio evocava.

Passaretto, un piccolo omino senza terra nè casa, un giorno apparve in città come d’incanto.

Non sapevano nulla di lui, come si chiamasse, da dove venisse, chi erano i suoi parenti.

Veniva da un tempo lontano, da un passato che non conoscevamo.

Intabarrato in una corta mantellina, da alpino guerra 15/18, batteva per terra il cappellaccio floscio da zampognaro il numero di volte che i ragazzi volevano.

Li faceva ridere, viso buffo, a punta, occhietti due fessurine maliziose e intelligenti, somigliava ad un passero, un passero solitario, non parlava, fischiava, era il suo modo di esprimersi.

Dopo battutine e soliti lazzi, intascato qualche spicciolo, lui regalava loro l’incanto, la favola, col suo fischio melodioso, dolcezza di un’ocarina, poesia.

A volte dormiva alla Villa Comunale in qualche anfratto riparato nella roccia, a volte nei portoni dei palazzi antichi, soprattutto l’inverno.

Ed in un palazzo antico lo trovarono, riparato dietro un portone, rannicchiato su se stesso per il freddo, dopo aver fischiato il suo ultimo canto, “Tu scendi dalle stelle”.

Così racconta chi giura di averlo sentito verso mezzanotte, coperto da cartoni e giornali, a darsi calore abbracciandosi da solo, in posizione fetale, in una notte di gelo, in una vigilia di Natale, una gavetta ammaccata con un tozzo di pane e un po’ di latte davanti.

In quella notte mentre al caldo di una grotta nasceva il redentore, nel freddo di un portone moriva la poesia.

E i ragazzi divennero improvvisamente grandi, pronti per la vita.

Con Passeretto morì anche la loro giovinezza.

Fra quei ragazzi che restavano incantati ad ascoltarlo c’ero anch’io.

In quella notte di Natale.

Stazione Chieti Scalo

E una settimana dopo io presi il treno per Roma.

E quando qualche volta torno, nelle notti silenziose, mi par di sentire ancora quel fischio, il suo fischio…

Sulla tomba scrivemmo con semplicità:

“Passeretto,

mai nato, mai morto,

sempre nei nostri cuori”

di Luciano Odorisio

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