I Ricordi di Caterina, Luciano Odorisio, Racconti degli Amici

Il peso del sapere di Caterina Abbate

Quando arrivai al Ginnasio, mi sentii grande. Niente più cartella per riporre libri, album da disegno, riga, squadrette, inchiostro di china, compasso, pastelli. Avrei studiato materie da grandi: il latino, il greco, più avanti la filosofia, la chimica, la fisica…Queste parole mi riempivano la mente, ero curiosa e anche un po’ spaventata. Servivano tanti libri, ma le loro dimensioni erano ridotte: così li rivedo nella memoria e così sono quei pochi sopravvissuti alla furia venditrice di mio fratello, che, dopo la mia maturità, si sbarazzò di quasi tutti i testi scolastici per pagarsi le vacanze estive. Mi lasciò, bontà sua, soltanto i vocabolari e i manuali di letteratura che presumibilmente mi sarebbero serviti all’università, nella facoltà di Lettere.
I libri erano piccoli e li portavamo legati con un elastico colorato.

A dire il vero, diventavano pesanti sul mio braccio destro, perché mi ostinavo a portare tutti i libri del giorno, senza accordarmi con il mio compagno di banco. Sì, avete letto bene: compagno di banco. Finalmente era finito il tempo delle classi divise per genere, ero in una classe mista ed io, cresciuta con due fratelli, trovavo più facile stringere amicizia con i maschi. All’epoca ero un’alunna perfettina, desiderosa di mettermi in mostra e ricevere l’approvazione dei professori. Ero quella del primo banco, e non solo perché di bassa statura. Perciò avevo i libri in perfetto ordine ed ero sempre pronta a porgerli al professore di turno. I miei professori non portavano libri con sé e non scrivevano l’assegno sul giornale di classe. Anche quello era un mio compito.

Ero passata dall’altra parte della cattedra, quando, molti anni dopo, fu il tempo degli zaini, Invicta nei primi tempi e poi di marche via via più prestigiose, personalizzati con scritte e disegni, sempre più sporchi perché gettati a terra nelle aule che non brillavano per la pulizia. Trovavo misterioso il contenuto degli zaini perché i libri sembravano non trovare posto.

E intanto quei libri scomparsi dalle mani dei ragazzi erano diventati grandi colorati, corredati di illustrazioni, mappe, grafici: una gioia per gli occhi! Ed erano ritornati nelle mie mani, cosicché occupavano, pesanti, la mia cartella blu. Soltanto la dolce gentilezza di qualche alunno mi alleggeriva del peso. Chissà come finirà nella futura scuola dei tablet e degli e-book!

Caterina Abbate

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Sono un po' strega perché ebbi la sorte di nascere a Benevento, ma sono e sarò sempre una ragazza degli anni Sessanta. Per tutto quello che ciò significa.

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