“(…) Era bello assistere alla sua vestizione, la cura che metteva nello scegliere gl’indumenti intimi, le scarpe col tacco, le gonne, le calze con la riga dietro, gocce di essenza di tuberosa sui polsi, dietro i lobi, cappellino sulle ventitrè con veletta di pizzo, guanti, pronta, gran classe.
Da lei imparò ad essere seducente, da lei imparò a truccarsi, da lei imparò a dondolarsi sui fianchi, da lei imparò ad esser troia.
Amava somigliarle, Emma avrebbe voluto fare l’attrice, la figlia la cantante, e la notte prima di addormentarsi insieme sognavano le luci del mondo.
Per strada notava l’effetto che faceva la madre, attirando l’interesse di uomini e ragazzi e la gelosia di mogli e le maldicenze delle pettegole, le piaceva, si sentiva parte di quell’attenzione.
Fischi di ammirazione, Emma rideva, e Maristella la imitava anche nel modo di ridere, buttando la testa all’indietro.
Provava a dondolarsi come lei sui fianchi nonostante fosse ancora giovanissima.
Col tempo cominciarono a chiamarle le “sorelline”. Lei ne andava fiera, si sentiva grande al suo fianco.
– Abat-jour mentre spandi la luce blu, anche tu cerchi forse chi non c’è più… – Emma adorava quella canzone.
La figlia gliela cantava spesso mentre la pettinava.
E quando Maristella voleva farla ridere le cantava scherzando – Mamma, mormora la bambina… tu compri soltanto i profumi per te… – e lei rideva tanto tanto, poi le faceva un regalino.
Era così contenta di quella figlia.
Maristella prese ad accompagnarla, tranquillizzando la gelosia del padre, ma restava sempre ad aspettarla fuori.
Fuori della bottega di modista, in via Paradiso, su quella scalinatella
dall’acciottolato a sassi, vecchi lumi a gas dai vetri paglierini riadattati davano alla stradina un sapore di tempi antichi, “Maison Perbellini”, dove entravano ed uscivano frotte di uomini.
Qualcuno di loro la notava rimirandola con un certo interesse.
A lei piaceva farsi guardare, se si sentiva osservata diventava subito civetta assumendo pose maliziose, sguardi obliqui.
Un maturo signore dai baffi rigogliosi ne restò affascinato “Chi sei? Cosa ci fai qui?” le chiese la prima volta che la vide sotto il portico che dava sul portoncino della Maison.
– Aspetto mia sorella Emma… – deliziosa bugia.
– Emma, sì, Emma… la conosco tua sorella. Sei bella come lei, sai? – osando una carezza sul viso.
– Grazie, ce lo dicono tutti, somigliamo molto… – rispose senza timidezze, lasciandosi carezzare.
Le piacque subito l’odore di acqua di colonia misto a tabacco che emanava da quel signore così elegante, gilet con orologio “oignon” in un taschino di cui si scorgeva la catenella in argento, polsini d’oro e colletto inamidato con bavero rialzato e piegato nelle punte a vela, cravatta con spilla, bastone dal pomello riccamente intarsiato.
Mary chiuse gli occhi a respirare quella carezza sulla pelle, un fremito… che non sfuggì al barone Filo Olbiati.
– Vuoi diventare come lei? – aggiunse malizioso indolente con quella sua erre arrotata così fascinosa che evocava un altro mondo.
Mary annuì con finto candore suscitandogli una risatina divertita.
– Oh, Mon Dieu, ma sei ancora troppo piccola… – e lei accentuando la postura petto avanti ad evidenziare le sisette ancora acerbe:
– Dici, didon? – fissandolo con insolenza, in un francese orecchiato dalla madre che amava quell’intercalare.
– Ahahah… – rise divertito l’uomo, risero insieme della boutade, la ragazzina era molto vivace per l’età che dimostrava.
Poi lui la salutò con un’altra carezzina, questa volta indugiando, un messaggio sottinteso, sfiorandole le labbra con un dito:
– Hai labbra bellissime… –
– E tu hai un buon odore di sigaro… –
Lui sorrise di nuovo, le piaceva proprio.
– Allora cresci, mon petit chou… io ti aspetto… –
E lei pensò a crescere più in fretta possibile….(…)”.
Da “Il paese che non c’era” di prossima pubblicazione
INTANTO:
Claudio Trionfera per Maxim: “Luciano Odorisio non è uno scrittore ma un regista di fine sensibilità e passione. Tuttavia in questo suo libro riesce a dimostrarsi scrittore con le medesime caratteristiche del cineasta. Coinvolgendo e divertendo, soprattutto accendendo la memoria fino a provocarla e, in qualche modo, a tormentarla quando il ricordo si fa strada senza fatica in una beata gioventù fatta di eventi, flash, personaggi e sensazioni.” (continua)