Riace, Morcone: «Dissi a Lucano: stai attento. Era in una specie di delirio»
Il capo di gabinetto con Minniti: il progetto va salvato.
E poi ricorda:
«Lo avevo sollecitato a mettersi in regola, gli avevo spiegato che cosa non andava. Lui era ostinato, convinto che l’Anci ce l’avesse con lui»
«Abbiamo sempre creduto nel progetto Riace e per questo sono convinto che non debba scomparire. Se ci sono responsabilità dei singoli è giusto che vengano accertate e perseguite, ma quel modello funziona e distruggerlo sarebbe un errore grave».
Il prefetto Mario Morcone, presidente del Consiglio italiano per i rifugiati, direttore del Dipartimento, si occupava dei richiedenti asilo e poi capo di gabinetto del ministro Marco Minniti.
E in questa veste ha «trattato» con il sindaco Domenico Lucano la messa in regola rispetto alle «criticità» che erano stato trovate nella gestione degli stranieri richiedenti asilo.
Che cosa veniva contestato?
«Lucano faceva entrare nel sistema di accoglienza chi sceglieva lui, non ascoltava le indicazioni, commetteva errori nelle rendicontazioni».
Per questo siete stati coinvolti?
«I fondi li mette a disposizione il ministero dell’Interno, se le cose non funzionano la segnalazione è obbligatoria. Abbiamo ricevuto l’esito dei controlli ed è stata attivata la prefettura di Reggio Calabria che ha avviato una nuova ispezione. Per noi era un’attività di routine sui rilievi amministrativi».
Però poi è stata presentata una denuncia alla magistratura.
«L’esito delle verifiche compiute della prefettura adombrava anche un rilievo penale e per questo si è deciso di mandare la relazione finale alla Procura».
Lei in quel periodo ha incontrato Domenico Lucano?
«Certamente, ci siamo visti almeno dieci volte. Forse anche di più».
Per dire e fare che cosa?
«Lo avevo sollecitato a mettersi in regola, gli avevo spiegato che cosa non andava. Lui era ostinato, convinto che l’Anci ce l’avesse con lui. Diceva che c’erano motivi politici dietro la scelta di compiere le ispezioni, ma non era così».
Il suo intervento non è servito.
«Mimmo era in una sorta di delirio dovuto alla sovraesposizione e giocava una partita seguendo le sue regole. Posso però testimoniare che lo faceva a fin di bene. Nessuno ha mai pensato che potesse appropiarsi di quelle somme o avesse un tornaconto personale. Per questo l’ho sempre agevolato».
Come?
«Lo aiutavamo ad ottenere lo sblocco delle somme di cui aveva diritto perché sapevamo che servivano a garantire l’accoglienza agli stranieri che erano richiedenti asilo. Naturalmente lo esortavamo a rispettare le regole. Quante volte gli ho detto “Mimmo devi stare attento altrimenti finisci nei guai”. Lui mi spiegava che era in ritardo con i pagamenti e voleva pensare a quelle persone».
Il ministro Minniti era informato?
«Certamente, così come il presidente della Regione Calabria.
E che indicazioni vi aveva dato?
«Pretendeva il rispetto delle regole e per questo ci sollecitava a richiamare il sindaco, ma si è sempre raccomandato di non forzare la situazione quindi fare di tutto per non interrompere i pagamenti o minacciare di sgomberare il centro inserito nello Sprar».
Esattamente quanto invece è accaduto adesso.
«Ho parlato con Daniela Parisi, che ha firmato la relazione per la revoca e le ho spiegato che questa decisione non ha senso. Lei mi ha risposto che il Comune di Riace non è in grado di dare accoglienza perché è vicino al dissesto».
È così?
«Mi auguro davvero che si trovi una soluzione. Buttare via il progetto sarebbe uno scempio».