Luciano Odorisio, Politica

Padellaro risponde a Baricco sul suicidio dell’élite

“RESPIRARE. Spegnere ogni tanto i nostri device. Camminare. Smetterla di sventolare lo spettro del fascismo. Pensare in grande. Pensare”. ALESSANDRO BARICCO, “LA REPUBBLICA” 

Risponde Antonio Padellaro:

“DISPIACE cogliere solo un frammento del saggio di Alessandro Baricco sul suicidio delle élite (e sulla necessità, per tutti, che esse si rimettano rapidamente in gioco). 

Dispiace perché raramente abbiamo letto un’analisi così profonda e convincente sul come e perché il mondo che conosciamo si è (è stato) rotto, diviso, scisso come le due parti di una mela a cui non sembra più possibile restituire integrità e forma. 

“Maggioranza povera contro minoranza ricca. Risposte facili contro ragionamenti complessi. Risentimento contro impotenza”.

Tutto chiaro anche se in tanta chiarezza ci sono interrogativi a cui non è facile rispondere. Banalmente: all’interno della contrapposizione secca di Baricco – massa contro élite, popolo contro classe dirigente – possono convivere altre mille sfumature di grigio? 

E come possiamo declinarle visto che nessuno di noi è solamente questo o quello? 

O meglio: l’ambiguità del compromesso, che ci accompagna nelle scelte della vita (o in quelle della politica), non finisce per superare, nella realtà dei fatti, la distinzione così netta e implacabile tra bianco e nero, tra ricchi e poveri, tra ignoranza e sapere?

Facciamo un esempio partendo dalla critica mossa dallo scrittore al modo con cui l’élite, sotto attacco, ha reagito “irrigidita nelle proprie certezze”. 

“Termini vaghi e inesatti come fake news, populismo, se non addirittura fascismo, sono stati ingaggiati per veicolare meglio il messaggio a etichettare sommariamente gli insorti”. 

Assolutamente condivisibile, se non fosse che nello stesso giornale su cui Baricco scrive, qualche pagina dopo, leggiamo di un incontro pubblico a Roma (ieri) dal titolo: “La parola antifascista”. 

Organizzato da “L’Espresso ” come risposta alle “aggressioni ai giornalisti”, alle “minacce a chi si oppone”, al “silenzio del ministro dell’Interno”. 

Una iniziativa convocata dopo le violenze subite dal giornalista Federico Marconi e dal fotografo Paolo Marchetti (a loro, naturalmente, la nostra piena solidarietà) per mano di esponenti dell’estrema destra durante la commemorazione dei morti di Acca Larentia. 

Schiaffi, calci, minacce che secondo il mondo (anche politico) che “R e p u b b l i ca ” rappresenta sono parte della scia nera di intolleranza, razzismo e neofascismo che sta pericolosamente inquinando il paese, sotto lo sguardo complice del ministro dell’Interno, Matteo Salvini. 

Dunque, è questo un modo per sventolare “lo spettro del fascismo”, per demonizzare un governo che si disprezza e di cui si diffida? 

Oppure è la legittima reazione di chi quello “spettro” lo ha subito, fisicamente e moralmente, convinto che dietro le insegne dei fascisti del terzo millennio si nasconda “il braccio armato del sovranismo”che ci governa? 

Sostanza o accidenti, per dirla con don Ferrante alle prese con una peste della cui natura non si capacitava?”

di Antonio Padellaro

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