Anche stasera ho assistito ad una partita di calcio, come sempre da tanti anni. L’appuntamento era Juventus – Real Madrid.
Tifo Juventus fin da quando ero bambina. Sono cresciuta con due fratelli e ho condiviso con loro ogni gioco e passione.
Perciò fu inevitabile la mia iniziazione al calcio.
Proprio al calcio giocato, sulla terrazza della nostra casa nella stazione ferroviaria, della quale nostro padre era il capostazione titolare.
La terrazza era lunga e rettangolare, insomma un piccolo campo di calcio, senza erba e senza porte.
Io non possedevo particolari qualità tecniche, per cui mi relegavano in difesa.
Spesso il pallone cadeva giù dalla terrazza ed i viaggiatori in attesa del treno lo rilanciavano a noi.
Quando divenni troppo grande per praticare il calcio con i miei fratelli, che scendevano a giocare con gli amici in strada, nella piazza davanti alla stazione, io li contemplavo, come se fossi stata in una curva dello stadio.
Se il pallone, lanciato con troppa foga arrivava in curva…cioè in terrazza, io lo rilanciavo subito ai giocatori.
Era un modo per partecipare al loro gioco.
Diventare tifosa della Juventus per me fu la conseguenza naturale del desiderio di imitare il mio fratello maggiore.
Mi affascinava la storia della squadra, fondata da studenti di liceo con quel nome in latino.
Nella Juventus ci identificavamo noi che eravamo giovani, ricchi di sogni e di speranze.
E quando la Juventus con Boniperti, Charles e Sivori, il trio magico, iniziò a vincere, ci sembrò che anche tutti i nostri sogni potessero realizzarsi.
Charles, Sivori ed il capitano Boniperti
La mia vita è stata accompagnata dalla Juventus: ho trasmesso la juventinità a mio figlio e, spero, al mio nipotino.
Ricordo un episodio che segna la differenza con quanto accade oggi tra opposte tifoserie.
Ero insegnante al Liceo classico, di Latino non a caso.
Il 21 maggio 1998, il giorno dopo la sconfitta della Juve, in finale di Champions League, ad opera del Real Madrid, fui accolta dagli alunni di una mia classe che sventolavano sciarpe del Real ed intonavano un coro inneggiante alla squadra spagnola.
Visi gioiosi, che esprimevano affetto e fiducia nei miei confronti, non soddisfazione astiosa.
Abbozzai un sorriso e con calma serafica mi rivolsi ai miei allievi: ”Ora che vi siete divertiti, iniziamo la lezione. Oggi però non interrogherò!”
La mia decisione fu accolta con un applauso.
Avrei potuto invece far passare loro un brutto momento approfittando della mia posizione,- ero pur sempre la prof-, ma una juventina doveva saper accettare la sconfitta e le inevitabili prese in giro; poi quei visi così allegri avevano divertito davvero anche me.
Erano tutti tifosi del Napoli.
Anche il mio papà amava il Napoli, ma non era un tifoso fazioso, non dimenticava mai che il calcio è un gioco, che deve essere praticato e seguito soltanto per passione.
Ogni domenica ascoltavamo tutti insieme le partite di “Tutto il calcio minuto per minuto”alla radio. E lui sorridendo scuoteva il capo:” Ma guarda un po’, tre figli e tutti juventini!”
Peccato che, quando il Napoli ha vinto lo scudetto, lui non c’era più.
Adesso il calcio è molto diverso da allora.
Ma stasera, dopo l’ennesima sconfitta della Juve ad opera del Real Madrid, ho ripensato al sorriso di mio padre che, sono sicura, avrebbe apprezzato la bravura di Cristiano Ronaldo e si sarebbe unito idealmente nell’applauso dello stadio di Torino al giocatore.
Questo è il calcio che mi piace ed ha lo spirito puro dei miei anni giovanili.
Caterina Abbate