Cinema & Teatro, L'angolo di Savoca, Luciano Odorisio

“LA CORAZZATA POTËMKIN È UNA CAGATA PAZZESCA!!!”…O NO? 2a parte

“LA CORAZZATA POTËMKIN È UNA CAGATA PAZZESCA!!!”…O NO?

2a parte

di Roberto Savoca

Ed eccoci alla mitica sequenza della carrozzina sulla scalinata di Odessa.

Riprendiamo, dunque, la nostra chiacchierata in difesa del buon Sergej Michajlovič Ėjzenštejn.

Sergej Michajlovič Ėjzenštejn

E in difesa, beninteso, del suo capolavoro, “La Corazzata Potëmkin”, del 1925, ingiustamente accusato di “cagata pazzesca” dall’invettiva del perfido Fantozzi.

Capolavoro fra i molti capolavori che questo grande autore, oltreché teorico del cinema, ha realizzato negli anni.

Non può essere un caso se la scena della carrozzina sulla scalinata di Odessa, che Luciano Salce, regista de “Il secondo tragico Fantozzi”, rigirò a Roma, a Valle Giulia, non avendo ottenuto i diritti dell’originale, è la scena più citata nella storia del cinema mondiale. Basti pensare – una per tutte – alla sparatoria sulle scale della Union Station di Chicago in “Gli Intoccabili” (1987), di Brian De Palma.

Per il resto, i più curiosi possono consultare questo link:

5. tutti i figli della carrozzina

All’epoca di SMĖ, il cinema, che da poco era divenuto maggiorenne, perlopiù ancora muto e in bianco e nero, conosce nella Russia dei Soviet uno sviluppo travolgente, raggiungendo livelli di maturità che ancora oggi possono definirsi d’avanguardia.

È in quegli anni di fuoco, ’20 e ’30 del ventesimo secolo, che si delinea il montaggio cinematografico consapevole, in tutte le sue forme e varianti: parallelo, alternato, per contrasto e per assonanza, asincronico, delle attrazioni

SMĖ chiama montaggio delle attrazioni il «libero montaggio di azioni arbitrariamente scelte, indipendenti, ma con un preciso orientamento verso un determinato effetto tematico finale».

Esso deve servire a suscitare nello spettatore delle emozioni categoriche e mirate – già per questo, dunque, rivoluzionarie – attraverso la successione di scene anche non necessariamente legate alla narrazione ma ad essa funzionali. Da citare le sequenze della monta del toro accostata ai fuochi d’artificio (in “La Linea Generale”, 1929)

o quella della repressione dei moti operai alternata con immagini del mattatoio (“Sciopero!”, 1925).

Il montaggio rappresenta per lui lo “specifico filmico”, il momento della costruzione dell’opera cinematografica nel quale si infonde – per così dire – il “soffio vitale” del significato, dell’obiettivo contenutistico che si vuole perseguire.

Il montaggio, dunque, e non la ripresa che può anche essere confusa, casuale, fuori controllo: si pensi alla ripresa documentaria o all’utilizzo dei materiali di repertorio o alle manipolazioni – ancorché, allora, molto limitate – rese possibili dagli effetti speciali.

Il montaggio, nella sua estrema accuratezza, è invece l’operazione con la quale – per dirla con Michelangelo Buonarroti – si “toglie il superfluo” dal materiale grezzo, pietra o pellicola che sia, e si ottiene l’Opera compiuta.

Anche nel cinema, come e più che in tutte le altre arti, la forma e il contenuto, la tecnica e l’arte (arte, nella Grecia antica, si diceva τέχνη-téchne…) sono intimamente correlati, strettamente uniti in un fecondo rapporto dialettico.

«Per voi il cinema è spettacolo.

Per me è quasi una concezione del mondo.

Il cinema è portatore di movimento.

Il cinema svecchia la letteratura.

Il cinema demolisce l’estetica.

Il cinema è audacia.

Il cinema è un atleta.

Il cinema è diffusione di idee

(Vladimir Majakovskij)

E non è finita qui.

Per chi ama il montaggio c’è anche una terza parte…QUI!

(CONTINUA)

Roberto Savoca

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