di SALVATORE CANNAVÒ per Il FQ, 4-8-19
“Avverto forte il rischio di cadere nel ridicolo. E per questo dico che stoppiamo subito la raccolta firme”. Quando Matteo Renzi, nel pomeriggio, dichiara via Facebook che la “sua”raccolta di adesioni per sfiduciare Matteo Salvini è interrotta, il ridicolo, in effetti, avvolge l’intero Partito democratico.
La vicenda ruota attorno allo scontro che si è aperto tra l’iniziativa dei comitati Azione civile (ma non è il nome che ha preso la lista Ingroia?) di Matteo Renzi e quella, analoga, della segreteria Pd.
Due raccolte di firme tra la “gente”per chiedere al ministro dell’Interno di dimettersi.
Se da un lato l’idea di combattere contro la tracotanza salviniana – si guardi al modo di attaccare la stampa o di rendere popolare un linguaggio razzista – sfiora l’impalpabilità, farlo con due raccolte di firme separate equivale al suicidio politico.
Non a caso Salvini, lesto, su Twitter commenta: “”Il Pd, dopo anni di disastri, pretenderebbe di cacciare la Lega con una raccolta firme (e litigano pure). Geniali, no?” Appunto.
A RENDERE LA STORIA ancora più sconfortante ci si mette Carlo Calenda, deputato europeo, con un’ambizione politica pari al suo sfrenato utilizzo di Twitter.
L’ex ministro pubblica infatti la riscrittura dei due documenti, fatta “in 15 minuti”chiamando Renzi, Paolo Gentiloni e Nicola Zingaretti a “uno sforzo di unità”.
Passano pochi minuti e lo stesso Calenda deve ammettere, ancora su Twitter, ça va sans dire, di essere rimasto “basìto dall’astio nei miei confronti da parte dei comitati di Azione civile”. I quali non hanno gradito lo sforzo unitario, a quanto pare.
Ed ecco allora che Renzi, prende dita e tastiera e digita su Facebook il proprio messaggio: “Ho promesso di non parlare delle discussioni interne al Pd perché litigare tra noi in presenza di un Governo come questo è allucinante. Purtroppo anche oggi ci sono polemiche inspiegabili sul fatto che i bravissimi comitati di #AzioneCivile hanno presentato una raccolta firme per la mozione di sfiducia a Salvini”.
Anche se tutto ciò è ridicolo, ammette l’ex premier, “noi blocchiamo la nostra raccolta di firme, spero che altri blocchino le loro ossessioni ad personam”. Cioè contro di lui, che continua a vedersi al centro di tutto.
Per la segreteria del Pd interviene la vice di Zingaretti, Paola De Micheli, provando a spegnere l’incendio: “Basta con queste discussioni ridicole sulle firme. Nessuno impedisce o ha impedito nulla a nessuno. Gli avversari sono fuori di noi. Più siamo meglio è”.
Ma ormai il ridicolo è stato toccato e superato.
Se ne accorgono gli avversari, e abbiamo visto lo sberleffo di Salvini.
Se ne accorge probabilmente anche la base e tutto il partito visto che, in una giornata deprimente, non si leggono dichiarazioni o messaggi sui social dei vari dirigenti in genere prodighi di esternazioni.
IL PUNTO È CHE IL PD non sa che pesci prendere.
L’idea di contrapporrre a Salvini una raccolta firme assomiglia alla guerra fatta dai bambini con le pistole ad acqua. Due giorni fa, sul quotidiano il Manifesto, Luciano Canfora proponeva alla sinistra italiana, o a quel che ne resta, di rilanciare le parole d’ordine fortissime “della vera socialdemocrazia”.
Ma solo “se la sinistra avesse il coraggio di fare politica – spiegava il professore – di darsi un obiettivo, di spiegarlo chiaro e tondo, non reagire al seguito della cronaca, commentare i fatti magari con gesti nobili”.
Un invito che non riguarda il Pd, che “ormai è nulla”, ma quelli che a sinistra non si riconoscono più in quel contenitore.
La sollecitazione resta aperta lo stesso. In un’Italia che è stata democristiana, poi berlusconiana e che sta per diventare salviniana, una sinistra ci vorrebbe.
Quella esistente non serve a molto.