“Il caro amico Peppinuccio la sua “dolce vita” l’aveva però trovata
in una puttana molto più grande di lui ma dal cuore d’oro.
D’oro nel senso che gli succhiava tutti i soldi che la famiglia
gli mandava a fine mese.
Fra loro non c’era rapporto sessuale, solo amore e poesia.
Il mio amico era contento così, la mignotta pure, noi lo prendevamo
per culo provando a farlo rinsavire, ma niente.
E mentre lui la accompagnava a casa a fine turno disquisendo se
quello era il migliore dei mondi possibili, noi finivamo la serata da
George’s, in via Marche, 7 dove c’era il barman Aldo, che ci aveva
preso a ben volere e ci faceva lo sconto, ma il chitarrista intrattenitore,
chiamato pomposamente “maestro”, ci sfidava a dadi, ripulendoci
del poco che i nostri genitori ci mandavano, peggio della
puttana con il nostro amico…” (continua)
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la scena della fontana, girata più volte durante la notte, si è svolta sotto i miei occhi dalla terrazza della casa di mio Ciccio in fondo a Vicolo del Forno, una vista privilegiata sulla fontana, quel ricordo indimenticabile è finito in un capitolo del mio romanzo la tana del salmone , ovviamente con un’elaborazione di fantasia, mio zio Ciccio non mi avrebbe mai permesso di agire come il piccolo “personaggio” Marcello . Faccio copia ed incolla del frammento. E’ breve
Dopo la scuola Marcello corre alla bottega, vorrebbe anche lui imparare il mestiere, ma il padre deciso: “mai con il rasoio e le forbici in mano, tu devi studiare” e lo rimanda a casa, a pochi passi, in fondo a vicolo del forno, giusto di fronte a Fontana di Trevi. La colonna sonora della sua infanzia è quel continuo scrosciare della fontana. Ha un ricordo indelebile di quella casa e di quella terrazza ricoperta di un pergolato di edera. Una notte allo scrosciare della fontana si aggiunge un vociare di persone ed aumenta la luminosità quasi a giorno. Marcello si sveglia, corre sulla terrazza, vuole capire cosa sta accadendo, la casa è deserta, si vede che anche i genitori sono scesi in strada, si veste in fretta e scende anche lui. Il vicolo è pieno di gente, una transenna impedisce l’accesso alla piazza, ma riesce a superarla e si avvicina alla fontana. Una batteria di fari manda una luce intensa sulle statue, lungo il bordo della fontana una fila di poltroncine di tela tutte occupate, su di un alta impalcatura metallica una cinepresa. Si leva una voce metallica e imperiosa:”Silenzio si gira”. Qualche secondo, nella piazza cala il silenzio. La stessa voce: “Ciak, 125, prima” Si alza da una delle poltroncine una una statua di carne ed entra nella fontana. Una statua di carne con un lungo abito da sera nera con le spalle scoperte, i lunghi capelli biondi splendenti sotto la luce dei fari. Cammina lentamente, il bordo dell’abito quasi le ostacola il cammino. Giunge in fondo, sotto lo zampillo delle statue e muove le braccia in direzione di un uomo che la guarda dall’esterno della fontana e con voce acuta: “Marcello, Marcello, come here Marcello si sente chiamare, quella voce è come il richiamo di una sirena, come della storia di Ulisse e le sirene che ha letto su libro di lettura.
Si lancia dentro la fontana, verso quella sirena ed entra nel campo di azione della cinepresa. Un urlo:”Fermate quel fottutissimo ragazzino” E fu girata di nuovo quella scena. Da allora nel quartiere Marcello fu conosciuto come il fottutissimo ragazzino di Federico Fellini e lui si innamorò del cinema, non se perse nessuno , per rivivere la magia di quella notte. Quel film non potette vederlo quando uscì, non aveva compiuto ancora sedici anni.