di Salvatore Cannavò per Il FQ, 12-04-20
Chi ha creato il Mes?
Chi è senza peccato potrebbe scagliare la prima pietra.
Perché all’origine di questa storia c’è il centrodestra, quello guidato da Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti cerimoniere economico e gli ex An di cui faceva parte Giorgia Meloni a regger la coda. Siamo nel 2011-2012, dopo la crisi dei subprime esplode la crisi dei debiti del l’Europa del sud.
Nascono i precursori del Mes, il Mesf e il Fesf che intervengono in Portogallo, Irlanda e anche Grecia.
Sono partoriti e approvati interamente dai governi di centrodestra, il Mes è approvato alla Camera il 19 luglio del 2012, sotto il governo Monti. Ma a preparare il suo iter è il Consiglio europeo del 25 marzo 2011 in cui si modifica l’ar ti co lo 136 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue): “Gli Stati membri – è la modifica – la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”.
IL CRITERIO È SCOLPITO nero su bianco, anche se oggi Tremonti dice che il Mes gli “fa orrore”. Però a seguito di quel vertice, il 29 marzo del 2011, audito alla Camera aveva parole dolci: “Io credo che in un meccanismo europeo come il fondo che viene formalizzato con questo trattato sia compresa l’idea degli eurobond”.
Idea cara a Tremonti che nel 2010 li aveva promossi insieme a Jean-Claude Juncker. Ma i due strumenti obbediscono a logiche diverse.
Il vertice del 25 marzo viene applicato dal governo Berlusconi il 3 agosto del 2011.
Monti subentrerà a novembre e l’approvazione finale del Mes avverrà il 2 febbraio 2012.
La ratifica alla Camera è del 19 luglio 2012. Il governo Monti è sostenuto da Pd e Pdl in cui gli ex di Forza Italia sono affiancati dagli ex An.
Il 19 luglio il Pdl sostiene il trattato anche se avrà diversi mal di pancia interni con 22 ribelli che non si attengono alle indicazioni di voto (come Guido Crosetto) e moltissimi assenti al voto, tra cui Meloni.
Ma sono assenti, sul fronte opposto, anche Bersani o D’Alema. Mentre votano a favore Renato Brunetta e un fedelissimo di Meloni, l’at – tuale vicepresidente della Camera Fabio Rampelli.
QUANTO ALLA LEGA , che ha deciso di stare fuori dal governo Monti, si permette dichiarazioni di fuoco, ma quasi tutte contro il Fiscal compact, il trattato che impone il pareggio di bilancio e il rientro dal debito di 1/20 all’anno qualora il rapporto debito pubblico/Pil superi la misura del 60.
Il suo esponente di maggior rango economico, Giancarlo Giorgetti, paragona il Fiscal compact a una bomba nucleare (e non dice quasi nulla sul Mes).
Eppure era stato proprio Giorgetti, il 5 marzo 2012, il relatore della commissione Bilancio per la legge Costituzionale che approva il pareggio di bilancio. Esattamente quattro giorni dopo la firma del Fiscal compact da parte di Monti.
E quando prende la parola è piuttosto netto: “Le ragioni che avevano suggerito al Parlamento un procedimento di approvazione accelerato per il provvedimento in discussione – la volontà di stabilizzare la finanza pubblica e di fornire un’immagine solida e affidabile del Paese –appaiono oggi ancora pienamente valide e, anzi, ancora più evidenti alla luce degli ulteriori impegni assunti dall’Italia nell’ambito dell’Unione europea”.
Chi è senza Mes scagli la prima pietra.