DOMENICO DE MASI
Caro Luigi, quattro incarichi sono troppi: fai il capo e basta
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Stimo molto Di Maio, che considero il politico migliore di questa nuova generazione, ma mi stupisco di come lui e i 5 Stelle non si accorgano che non può ricoprire quattro cariche: vicepremier, leader del Movimento, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico.
Sarebbe troppo anche per Churchill. Se i 5Stelle vogliono recuperare consensi devono sfruttare la capacità di Di Maio di essere un buon leader politico, “sacrificato” però dal lavoro di governo.
Se Di Maio va un giorno in Abruzzo a fare campagna elettorale, trascura altri tre ruoli. Certo, anche Salvini ricopre tre cariche, ma in realtà fa una cosa sola, ovvero una continua campagna elettorale.
Individuare delle figure competenti per i suoi ministeri consentirebbe anche a Di Maio di dedicarsi di più all’indirizzo strategico del Movimento e di comprendere meglio il proprio elettorato di riferimento, che da sempre è come un mucchietto di sabbia, fatto da granelli tutti diversi tra loro.
Proprio perché il popolo dei 5 Stelle è molto eterogeneo non è un compito facile interpretarlo nel modo giusto, soprattutto dovendo sempre trattare con Salvini, ma riavvicinarsi all’elettorato è l’unico modo per uscire da questa situazione.
ANTONIO NOTO
Una svolta a sinistra è la tattica migliore: a destra vince la Lega
Il Movimento non è in una posizione facile.
Staccare la spina all’esecutivo rischia di essere un boomerang, perché i 5 Stelle potrebbero trovarsi di fronte a un Abruzzo 2.0 se si votasse nel giro di pochi mesi.
Il Movimento paga il fatto di essere strutturato come partito perfetto per l’opposizione, facendosi forza con argomenti largamente condivisi a destra e a sinistra, per esempio la trasparenza o la lotta contro gli sprechi.
Adesso mantenersi alti nei consensi è difficile, perché governare significare sempre scontentare qualcuno. E così anche temi forti come il reddito di cittadinanza o il Tav hanno finito per spaccare quel 30 per cento di consensi.
I sondaggi e i flussi elettorali dicono però che il Movimento, se vuole crescere, ha molto più spazio a sinistra, perché quella crisi di leadership che c’era a destra negli anni dell’ascesa grillina adesso è stata colmata da Salvini, che riesce pure ad attrarre l’ala più a destra dello stesso Movimento.
Virare a sinistra, recuperando alcuni temi storici dei 5 Stelle – come il Tav o il lavoro – sarebbe la tattica migliore, anche se implica un progetto che ha bisogno di essere a medio-lungo termine per essere credibile.
Questa strada aiuterebbe anche a smarcarsi da Salvini, percepito come il vero leader del governo
PIERO IGNAZI
Il patto con Salvini esaspera le debolezze del Movimento.
Non c’è niente da fare: lo scorso marzo la parabola del Movimento 5 Stelle ha toccato il punto più alto e ora è destinata a una discesa inevitabile.
Questo calo è in parte fisiologico e in parte dovuto a scelte politiche, perché di certo l’alleanza con la Lega ha aggravato il conflitto interno e ne ha esasperato le debolezze.
Non credo che basti qualche riposizionamento a guadagnare i consensi perduti, anzi, spesso ormai i 5 Stelle si trovano in situazioni lose/lose, in cui si perde sempre.
Anche il Tav, per esempio, non fa guadagnare voti: se restano fermi sul No, continueranno semplicemente a scendere, se cambiano idea sarà un crollo più rapido.
L’unico modo per fermare l’emorragia di consensi potrebbe essere il Sì all’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini sul caso Diciotti, che a quel punto però significherebbe una crisi di governo.
In quel caso, nel breve termine il Movimento recupererebbe qualcosa, ma non sarebbe comunque abbastanza per risolvere i problemi di fondo, relativi soprattutto alle sue contraddizioni: nel 2013 proponevi Gino Strada, Emma Bonino e Gustavo Zagrebelsky alla presidenza della Repubblica, oggi stai dalla parte della Lega.