Ho sempre pensato che Bersani avesse capito tutto fin dall’inizio, insieme a D’Alema, e ne ho la conferma con questo articolo di Lorenzo Giarelli per Il FQ, 31-01-19
“Una lista allargata, sì, ma che non si presenti come “antipopulista” e non tenti ammucchiate da Macron alla sinistra radicale.
La ricetta di Pier Luigi Bersani per le Europee è chiara: non basta definirsi Fronte Repubblicano per recuperare i consensi perduti, così come sarebbe un errore mettersi insieme soltanto in contrapposizione a tutto ciò che è sovranista.
Bersani condivide le convinzioni espresse ieri da Massimo D’Alema alla Stampa, indicando la strada: “Non dobbiamo fare un ’operazione pigliatutto contro la destra e i populisti, perché così gli tiriamo la volata. È ora di dire le cose ‘per’ e non ‘contro’”.
Senza smarrire la propria identità: “Va bene mettersi insieme su uno schema critico verso l’Europa di adesso, ma dobbiamo confrontarci coi socialisti europei e le nuove forze di sinistra democratiche, come Podemos. Se ci metti dentro Macron non vai da nessuna parte”.
La chiave, secondo Bersani, sta nel recuperare il rapporto con gli e- lettori dei 5 Stelle, per la gran parte delusi dal centrosinistra.
Un tentativo che passa anche da mosse politiche verso lo stesso Movimento: “Nel 2013 intuii che dovevamo incrociare quella novità, ma loro non erano pronti e non ci furono le condizioni per far partire un governo su 7 – 8 p u n t i . C h i e d e v o u n ’ avventura, più che un matrimo- nio”.
Diverso il caso dello scorso marzo: “È stato un delitto non provarci, rifiutare il confronto. L’ho detto più di una volta anche a Di Battista, negli anni scorsi: il Movimento è in formazione, può prendere qualsiasi piega. Non è fascista, anche se il loro linguaggio è spesso fascistoide”.
L’OCCASIONE non è comunque del tutto sfumata per la si- nistra. Secondo l’ex segreta- rio dem, gran parte dell’elettorato grillino “comincia a non condividere questo rapporto pesantissimo con la de- stra”.
A patto che il Pd, al netto di possibili riconciliazioni coi fuoriusciti, cambi rotta: “Non mi esprimo sulle primarie, ma invito sia Zingaretti sia Mar- tina a considerare quale sia la priorità, ovvero se prendersela col Movimento o contra- stare una destra aggressiva”.
La risposta, per Bersani, è chiara da tempo: “Nei miei ultimi anni al Pd ho ripetuto che bisognava preoccuparsi della crescita della destra, che do- vevamo discutere, e mi veniva risposto che ero un gufo”.
È proprio il rapporto con Matteo Renzi, allora leader dem, ad aver segnato il destino recente di Bersani.
Come nel 2013, quando Romano Prodi, nome forte dell’ex segretario per la presidenza della Repubblica, fu impallinato da 101 franchi tiratori che tradirono l’acclamazione all’unanimità avuta dal Professore in assemblea.
Erano i giorni del “No” del Pd a Stefano Rodotà (“I 5 Stelle ce lo portarono dalla piazza, non accettarono di parlarne in un confronto tra i gruppi”) che avrebbero portato a quel bis di Napolitano propiziato dalla “ manina” renziana: “Non ho ragione di smentirlo, lo voglio dire chiaro, quei 101 furono una confluenza tra chi ce l’aveva con Prodi e chi ce l’aveva con me”.”