“Ormai il PD è veleno!” (nda)
L’aveva anticipato già nella festa del Fatto, lo scorso 31 agosto (“Non escludo di cambiare il nome al Pd, però solo alla fine di un percorso”).
Ma ieri il governatore del Lazio e aspirante segretario del Pd, Nicola Zingaretti, lo ha detto ancora più dritto al Messaggero:
“Per le Europee il simbolo del Pd non è un dogma, ma poi lo decideremo. Serve una lista forte, unitaria e aperta”.
Così la pensa Zingaretti, riaprendo il dibattito sul futuro a medio termine dei dem.
E c’è chi ha gradito molto le sue parole, come l’ex ministro Carlo Calenda:
“Una lista senza simbolo del Pd? Bene. Sono assolutamente disponibile a candidarmi alle Europee qualora si formi una lista unitaria delle forze europeiste.
E comunque la questione se insieme al nome delle lista, rimangano o meno i simboli dei partiti che la comporranno non mi appassiona”.
E anche un altro candidato alla segreteria, Francesco Boccia, va nella scia di Zingaretti: “Togliere il simbolo non è un tabù”.
Però c’è anche l’attuale l’ attuale segretario Maurizio Martina, il principale avversario del governatore nelle primarie del 3 marzo, che fa muro:
“Per me non si tratta di rinunciare al simbolo del Pd, perché è un patrimonio di cui andare orgogliosi, ma di concorrere a una proposta più larga. So che Carlo Calenda insieme a tanti altri sta lavorando a un Ma- nifesto di progetto e guardo con molto interesse a questo sforzo”.
Non a caso, più tardi Calenda twitta: “Non dividiamoci su simbolo sì o no. Priorità a contenuti e persone”.
E allora il dato che emerge è la convergenza di molti maggiorenti del Pd verso una possibile lista unitaria per le urne di maggio.
Però su chi ne dovrebbe fare parte riemergono le differenze. Con Calenda che non vuole accordi con LeU e spinge per +Europa, la formazione guidata da Emma Bonino.