Luciano Odorisio, Politica

Walter Verini, PD renziano, come i 5S: Se cambi partito, paghi!

di Giacomo Salvini

Dopo una settimana complicata tra accordi, presentazioni di liste e mal di pancia interni, il commissario Pd in Umbria Walter Verini di domenica vorrebbe solo riposarsi. 

E invece no perché il Messaggero ieri mattina ha rivelato: i candidati al consiglio regionale del Pd umbro hanno firmato un contratto con una penale da 30mila euro per chi dovesse cambiare casacca durante il mandato. 

Una sanzione simile a quella prevista per gli eletti dai 5Stelle e che fa infuriare i dirigenti dem. 

Verini, com’è nata questa proposta? 

Le sembrerà strano, ma è nata quasi per caso. Dieci giorni fa, durante l’ultima riunione del Pd, il candidato Giacomo Leonelli si è alzato e ha detto: “Visto che durante l’ultima consiliatura ci sono stati diversi casi di abbandoni del gruppo, sarà il caso di rafforzare il legame con il Pd attraverso forme di deterrenza e risarcimento”. Quando ha fatto questa proposta ho visto molti cenni di approvazione e nessuno ha avuto da obiettare. Strano che esploda la polemica solo adesso, tutti i candidati hanno firmato il documento con quella clausola. 

In che cosa consiste precisamente la penale? 

Chi fa campagna elettorale si fa eleggere sotto il simbolo del Pd e poi cambia partito durante il mandato per qualsiasi motivo, procura un danno economico e politico al partito e quindi, come forma di risarcimento, deve pagare 30mila euro. Non è stata una decisione mia, ma la condivido. 

Perché proprio questa cifra? 

Non c’è un motivo preciso, potevano essere pure 20mila o 40mila euro. È un calcolo che è stato fatto dal tesoriere Paolo Coletti: è stato un automatismo dopo la proposta fatta alla riunione. Ripeto: non c’è stata una vera decisione politica. 

Visto che si parla di “modello Umbria”, secondo lei il suo partito dovrebbe replicare la penale anche a livello nazionale? 

Non so, non dovete chiedere a me. Per adesso è una sanzione solo a livello locale. Deciderà il Pd in autonomia: io però voglio dire che sono totalmente contrario al vincolo di mandato del M5S. 

Che differenza c’è tra le due proposte? 

Sono due cose molto diverse: inserire il vincolo di mandato in Costituzione significa ledere la libertà dei parlamentari ed è una proposta gravissima e inaccettabile. Nel nostro caso invece i casi di dissenso e di libertà di coscienza sono assolutamente garantiti ma poi esiste un partito e uno statuto quindi, se un consigliere cambia gruppo, paga un risarcimento morale nei confronti del partito per continuare a finanziare manifesti e feste dell’Unità. 

Quindi la differenza è giuridica?

Esatto. La proposta dei 5 Stelle vìola la Costituzione. Il nostro è un documento interno al partito firmato liberamente dai candidati. 

Se uno dei vostri non avesse firmato il documento, non si sarebbe potuto candidare? 

Sì, è la condizione di una comunità: il problema è che abolendo i finanziamenti pubblici ai partiti, togliendo anche questi soldi, la politica la farebbero solo i ricchi. 

È una mossa per scoraggiare i consiglieri del Pd a passare con Renzi? 

No, Leonelli, che l’ha proposta, è un renziano della prima ora. 

Orfini e Marcucci la accusano di voler rincorrere il grillismo e le chiedono di fare un passo indietro su questa penale. 

Le loro preoccupazioni sono legittime ma esagerate e poi, ripeto, non devono prendersela con me: io la condivido ma non l’ho pensata in prima persona. 

Del trasformismo si discute da settimane. 

È un fenomeno deprecabile e in passato abbiamo assistito anche a gravissimi fenomeni di compravendita di parlamentari. Dopodiché i casi di dissenso vanno trattati da un punto di vista politico e nel dibattito democratico di un partito.

Una voce fuori dal coro, il ministro Fioramonti dei 5S;

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