Luciano Odorisio, Politica

TRAVAGLIO:”Zingaretti, che è l’opposto di Renzi, capirà chi è il nemico del Pd e del Paese?”

TRAVAGLIO:”Zingaretti, opposto a Renzi, capirà chi è il nemico del Pd e del Paese”

Stralcio dal’editoriale di Marco Travaglio del 6-3-19 per Il FQ.

“(…) Infatti Renzi, visto cinque anni fa come l’ultima spiaggia contro l’arrembante “antpolitica”, è già il vecchio e chi aveva sperato in lui si affida al suo opposto politico-antropologico: Zingaretti. 

Il quale dovrà guardarsi da una tentazione che già si sente aleggiare in certi commenti trionfalistici: quella di pensare che la voglia di novità uscita dalle urne il 4 marzo 2018 sia tramontata e che tutte le caselle dell’Ancien Régime p o s s ano tranquillamente tornare al loro posto. 

Zingaretti non è certo nuovissimo, ma alla sua gente sembra tale.

E ha vinto così bene proprio perché appare il più lontano da Renzi e il più vicino a un’idea di sinistra ancora tutta da costruire. 

Compatibilmente con un partito che ha i gruppi parlamentari nominati e pilotati da Renzi&C., decisi a vender cara la pelle col ricatto della scissione. 

Zingaretti, brava persona e politico navigato, sa distinguere gli amici dai nemici interni. 

Ora dovrà scegliersi anche quelli esterni. 

E decidere se l’avversa – rio da battere è la destra a tradizione salviniana con i suoi satelliti berlusconiani e meloniani, oppure se – come ripete il pensiero unico mainstream , sposato in pieno dai Calenda e dai renziani – è quel generico “populismo ” o “sovranismo ” che somma le mele e le pere, cioè i leghisti e i 5Stelle, accomunati dalla propaganda di Repubblica nella ridicola casella delle “due destre”. 

Nel primo caso, volente o nolente, il Pd dovrà tentare di staccare i 5Stelle dalla Lega offrendo loro un secondo forno per frenare Salvini, che gioca sempre su due tavoli. 

Nel secondo, il Pd resterà ibernato nel freezer a cui Renzi l’ha condannato, nell’attesa vana che i voti perduti tornino spontaneamente all’ovile e gli restituiscano il 40% per governare da solo o con quel che resta di B. 

Se invece quello che solo un anno fa era il secondo partito italiano torna in partita, con o senza la famiglia Renzi, non gli mancano le occasioni per mostrare il suo tasso di cambiamento sulle scelte concrete. 

Se la linea è ancora “meno Macron e più equità”, cosa intende fare per i 5 milioni di poveri, i 3 milioni di precari e i 7 milioni di lavoratori sotto i mille euro al mese? 

I 5Stelle, al netto dei loro pasticci congeniti, han fatto o tentato in un anno per queste categorie più di quanto il Pd in dieci: il pur timido e incompleto dl Dignità (che ha aumentato i contratti stabili e, malgrado le profezie di sventura, non ha provocato licenziamenti di massa); 

il reddito di cittadinanza che, con tutti i limiti e problemi applicativi che vedremo nelle prossime settimane, è il maggior investimento mai visto per redistribuire ricchezza verso i ceti più deboli; e l’imminente proposta di un salario minimo per tutti annunciata ieri da Di Maio. 

Su questi temi l’ex LeU è aperta al dialogo (l’ha detto ieri Scotto al Fatto) e la Cgil di Landini pur dovrà dire qualcosa: che farà Zingaretti? 

Tifare per il fallimento del reddito di cittadinanza, riproporre le ricette del precariato e ignorare i salari da fame, cioè restare il partito di Confindustria, non pare una grande idea. 

Il governo, almeno fino all’estate, non cadrà e, se poi cadesse, il Pd senza i renziani non avrebbe i numeri in Parlamento per governare col M5S. 

Il discorso di nuove alleanze si porrà nella prossima legislatura. 

Ma chi fa politica deve individuare il nemico principale e agire di conseguenza. 

Finora il Pd si è associato a FI e Lega, con i rispettivi house organ, nella caccia grossa ai 5Stelle. 

Che si sono indeboliti parecchio (anche col loro contributo). 

Ma a guadagnarci è stato solo Salvini. 

Vedremo se Zingaretti capirà chi è il nemico del Pd e del Paese. 

E cosa farà per combatterlo. 

Cioè per essere non solo il nuovo segretario, ma anche un segretario nuovo.”

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