Se Salvini, oltreché un politico furbo e abile, fosse anche un governante intelligente, ringrazierebbe Conte per averlo sconfitto.
E rivendicherebbe come una vittoria di tutto il governo l’accordo con i 8 paesi europei per accogliere i ben 49 migranti che vagavano da 19 giorni nel Mediterraneo.
Un accordo che allontana dai gialloverdi le accuse di razzismo e, soprattutto, va nella direzione da sempre auspicata da tutti i governi italiani: quella della condivisione europea del fenomeno migratorio.
Solo che i governi di centrodestra, centrodestrasinistra e centrosinistra si limitavano alle chiacchiere e intanto firmavano gli accordi capestro di Dublino (tutti i migranti in Italia), mentre il governo gialloverde è riuscito, nel caso Sea Watch come già in quelli Aquarius e Diciotti, a tradurre in pratica il principio che Conte enunciò al Consiglio europeo di luglio: “Chi sbarca in Italia sbarca in Europa”.
Quella linea, a causa dell’egoismo dei governi sovranisti e populisti di Macron, di Orbán e del fronte Visegrad, passò solo su base volontaria: chi vuole accoglie, chi non vuole se ne frega.
Ma ogni volta, con enorme fatica diplomatica (un Ufo per Salvini, una specialità di Conte e Moavero) e al prezzo di lasciare quei disperati per settimane in alto mare, il governo è riuscito a responsabilizzare e coinvolgere altri partner riottosi.
Creando una serie di precedenti difficili da cancellare.
Purtroppo Salvini è un ottimo politico, ma un pessimo governante. Non gli interessa risolvere i problemi, ma solo accumulare like sui social e punti nei sondaggi.
E quando un problema irrisolto porta più like e più punti di uno risolto, è ben felice di lasciare aperta la piaga purulenta per lucrarci su: tipico il caso del dl Sicurezza che, senza apparenti spiegazioni, moltiplica i clandestini incontrollati e incontrollabili per le strade, dopo che il loro numero aveva smesso di crescere proprio grazie alle politiche di Minniti prima e di Salvini poi.
Pare un controsenso e, per un governante, lo è.
Ma per un politico spregiudicato che ha sempre bisogno di nemici, i clandestini sono tutta benzina sul fuoco, cioè manna dal cielo per i social e i sondaggi.
Senza migranti, Salvini non sa che dire: zero argomenti, a parte la Nutella e i gattini. Infatti da giugno i suoi profili social hanno aumentato la quantità dei contenuti ma dimezzato la partecipazione degli utenti.
Resta da capire quanto durerà il consenso drogato di un politico che sistematicamente sabota la soluzione dei problemi per i suoi interessi di bottega. Per sgamare B., gl’italiani impiegarono vent’anni. Per sgamare Renzi, quattro.
Quanti ce ne vorranno per sgamare Salvini? Vedremo.
Intanto gli ultimi sondaggi segnano uno stallo della sua resistibile ascesa.
Forse perché, nell’ultimo mese, sembra aver perso il tocco magico del Re Mida che trasforma in oro qualunque cosa tocchi con la sua lingua in perenne movimento.
Con una serie impressionante di autogol che sono altrettante dita negli occhi dei suoi fan, con buona pace di chi continua a dipingere Salvini come il padrone del governo e Conte e Di Maio due invisibili comparse.
Le famose espulsioni di 600 mila clandestini non sono mai cominciate e Salvini ha ammesso candidamente che “ci vorrebbero 80 anni”.
Nella manovra di Bilancio, il “Capitano” non ha toccato palla e di suo c’è poco o nulla: il condono sui fondi neri è saltato, la flat tax è rinviata a data da destinarsi e quota 100 sulle pensioni (per 300 mila italiani, non di più) è una bandiera sia della Lega sia del M5S; per il resto la parte del leone la fanno il reddito e la pensione di cittadinanza (per 4,9 milioni di persone), vessillo esclusivo del M5S.
Di leggi targate Lega, a parte il dl Sicurezza con norme a rischio di incostituzionalità, nemmeno l’ombra.
La battaglia per gli inceneritori in Campania s’è infranta contro il niet di Conte e Di Maio.
La sparata su Hezbollah ha messo in pericolo i nostri soldati in Libano e fatto incazzare l’esercito.
Il selfie con l’ultrà milanista pregiudicato per traffico di droga e collezionista di Daspo per violenze negli stadi, e il no alle squalifiche dei campi e al blocco delle partite per episodi di violenza e razzismo ha allarmato le forze dell’ordine e le prefetture.
Il tweet che preannunciava la retata contro i clan nigeriani a Torino prima che i carabinieri li scovassero e li arrestassero ha lasciato il sospetto che qualche latitante sia scappato per colpa sua.
Per non parlare del paradosso del giudice Boragine attaccato da Salvini per aver assolto alcuni manifestanti antileghisti e sottoposto a tali minacce social da meritare la scorta, disposta dal comitato per l’ordine e la sicurezza (che dipende dallo stesso Salvini) e gestita dalla polizia di Stato (che dipende dallo stesso Salvini).
O del tweet su pane e Nutella mentre la mafia ammazzava il fratello di un pentito.
Poi il tentativo di stoppare la legge Anticorruzione e Bloccaprescrizione e salvare un po’ di leghisti imputati per Rimborsopoli con l’emendamento Svuotapeculato, seguito dalla solita retromarcia.
L’altro giorno, quando Di Maio ha aperto agli sbarchi di donne e bambini della Sea Watch e Conte ha risolto il caso, ha fatto come i bambini: s’è messo a pestare i piedi, giurando che “in Italia non arriva proprio nessuno”, minacciando di non votare il reddito di cittadinanza senza fantomatici “fondi ai disabili” (peraltro già previsti), infine convocando, sconvocando e riconvocando il vertice a Palazzo Chigi da cui è uscito nottetempo con le mani alzate.
Ora, dopo aver detto “attendiamo l’analisi costi-benefici sul Tav”, chiede un improbabile referendum solo perché l’analisi è negativa. Diceva James Freeman Clarke:
“Lo statista guarda alle prossime generazioni, il politico alle prossime elezioni”.
Marco Travaglio FQ 11.01.19