“Che Bonafede abbia sbagliato, e di grosso, con quell’imbarazzante audiovideo su Facebook travestito da secondino di Battisti non c’è dubbio.
Ha esagerato e farebbe bene ad ammetterlo, scusarsi e magari chiudere i social (una trappola che sta sterminando i politici di mezzo mondo).
Ma, come già con Salvini, appena un ministro di questo governo la fa fuori dal vaso provvedono subito i nemici pregiudiziali di questo governo a farne molta di più.
Infatti sono tre giorni che tutti la menano su quel video con invettive, geremiadi, addirittura denunce in Procura (della Camera penale di Roma).
Queste penne all’arrabbiata sarebbero più credibili se avessero scritto due righe per congratularsi col governo per essere riuscito là dove tutti i precedenti 24 (diconsi 24) governi, da Fanfani a Gentiloni, avevano fallito, assicurando alla giustizia dopo 37 anni quel feroce e vile criminale.
Invece non l’hanno fatto e così autorizzano il sospetto che il nobile sdegno per un essere umano alla gogna nasconda ben più prosaici sen- timenti: il rosicamento per un successo degli odiati giallo-verdi (i quali sbagliano sempre, a prescindere); e il doppiopesismo della vecchia, cara giustizia di classe che rifà capolino ogni qual volta finisce dentro un Vip o uno del giro (lo “scrittore”, il “compagno che sbaglia”).
Nel 1993 fece scandalo il filmato del dc Enzo Carra, arrestato (e poi condannato) per false dichiarazioni ai pm di Mani Pulite sulla maxitangente Eni e tradotto con gli schiavettoni ai polsi al processo per direttissima.
Di Pietro tentò di fargli levare le manette per evitare un nuovo caso Tortora, ma quella era la regola: infatti alla stessa catena erano lucchettati altri 49 imputati tradotti da San Vittore: scippatori, ladruncoli e spacciatori catturati nella notte.
Ma per quelli, in fila indiana davanti e dietro Carra, nessuna vergine violata spese una parola.
Risultato: nel 1995 fu abolito l’arresto in flagranza per i falsi testimoni (voluto da Falcone e varato dopo la sua morte) e nel ’99 fu approvato il divieto di riprendere persone ammanettate.
Legge sempre violata, perché è impossibile evitare fotografi e teleca- mere fuori dai tribunali quando arrivano gli imputati in ceppi (come impone la legge se i detenuti da trasportare sono più d’uno, per evitare che qualcuno fugga o si faccia del male).
Poi ci sono le forze dell’ordine che immortalano gli arresti e mostrano le foto e i video in conferenza stampa o li passano ai giornali.
E, quando si tratta di mafiosi o criminali comuni, tutti pubblicano tutto senza sottilizzare né badare al divieto.
Se invece c’è di mezzo un “signore” o un amico degli amici, apriti cielo.
Nel 2010 si scatenò la canea perché l’ex provveditore alle opere pubbliche toscane Fabio De Santis era stato tradotto in manette con altri quattro detenuti (subito dimenticati) al Tribunale.
Purtroppo gli indignati speciali non avevano fatto un plissé l’anno prima, quando tre rumeni arrestati a Roma per lo stupro alla Caffarella, poi risultati innocenti e prosciolti, erano stati sbattuti in tutte le tv e le prime pagine mentre la polizia di Roma li prendeva per i capelli e li ficcava dentro una volante e il questore li mostrificava come i sicuri “stupratori” prim’ancora che iniziasse il processo.
Dal 2014, su Youtube, possiamo gustare uno splendido video dal titolo Mafia Roma Spettacolari immagini Ros arresto Carminati, con 382 mila visualizzazioni e, in alto a sinistra, il logo “Ros Carabinieri”.
Si vede la Smart dell’ignaro Carminati e del giovane figlio avvicinarsi ai militari, che la bloccano coi mitra spianati, puntano la pistola alla tempia del conducente, lo fanno scendere con le mani alzate, lo ammanettano e lo portano via.
Il filmato circola da quando, il 4 dicembre di cinque anni fa, la Procura di Roma, col suo capo Pignatone, i suoi aggiunti, i suoi sostituti e i suoi carabinieri tenne la conferenza stampa per annunciare la mega-operazione “Mondo di Mezzo” o “Mafia Capitale”.
Carminati, diversamente da Battisti, non era stato condannato definitivamente a quattro ergastoli per altrettanti omicidi, ma per quell’inchiesta era solo indagato.
E, diversamente da Battisti – sceso dall’aereo senza manette, come un turista qualunque – veniva ripreso mentre i carabinieri, pistole in pugno, gli mettevano le manette sotto gli occhi del figlio.
Una scena lievemente più truculenta di Battisti che dà le sue impronte in Questura. Eppure era già in vigore la legge che vieta “la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica”.
Forse il presunto innocente Carminati aveva meno diritti del sicuro colpevole Battisti?
Ora gli stessi pm romani che diffusero (o consentirono la diffusione di) quel video dovranno indagare su Bonafede: chissà se riscopriranno quella legge che, per Mafia Capitale, avevano dimenticato.
Già, perché allora nessuno – a parte Ilda Boccassini, scandalizzata dal filmato diffuso “ in modo ossessivo” per fare “marketing e pubblicità” all’indagine – trovò nulla da obiettare.
Nessun giornalone, politico di Forza Pd o Garante dei detenuti o vicepresidente del Csm o toga democratica.
Nessuno di quelli che ora strillano contro Bonafede, e non si capisce bene a che titolo lo facciano Ermini e i magistrati di Area, visto che non compete a loro dare giudizi sul Guardasigilli.
Competerebbe a loro, invece, stigmatizzare l’imbarazzante spettacolo dei procuratori attovagliati con politici, manager e imprenditori nel Toga Party del garantismo magnaccione a 6 mila euro a tavolo.
Ma su quella sconcezza né il Csm né l’Anm dicono una parola.
E meno male: c’è pure il caso che qualcuno sia offeso perché non l’hanno invitato.”
di Marco Travaglio