Luciano Odorisio, Politica

Travaglio e la libertà di stampa

STRALCIO DI UN ARTICOLO DI TRAVAGLIO SU IL FQ

Sui guai di suo padre, che non hanno prodotto non dico una sentenza, ma neppure un avviso di garanzia, il vicepremier Di Maio è stato intervistato quattro volte dalle Iene, e bene ha fatto a rispondere, anziché fuggire dal retro e far cacciare i cronisti dalla scorta, come facevano quelli di prima, o seppellirli sotto valanghe di cause civili o minacciare di spezzargli le gambe, come fanno i berluscones e i rignanos.

E bene ha fatto suo padre ad ammettere le sue colpe e a mettersi a disposizione delle autorità in due video sul web e un’intervista al Corriere.

Ma a voi pare normale che nessuno abbia mai chiesto nulla ad Amato, magari attendendolo sotto casa o davanti alla Consulta, su quel che gli disse la Contri sulla trattativa con la mafia che aveva appena ucciso Falcone e Borsellino?

Che nessun politico di destra e di sinistra abbia dovuto scusarsi di aver promosso e coperto Mori&C., anziché degradarli sul campo per aver trattato con Cosa Nostra, omesso di perquisire e sorvegliare il covo di Riina, fatto fuggire Santapaola e Provenzano?

Che non una sola domanda sia stata rivolta a B. sui soldi versati alla mafia anche dopo Capaci e via D’Amelio?

E che dunque nessuno abbia mai dovuto spiegare o discolparsi per fatti lievemente più gravi di una vasca posticcia, tre ruderi e quattro laterizi? Quale devastazione intellettuale, quale tsunami culturale ha ridotto l’informazione in questo stato comatoso, impermeabile al senso della notizia e financo del ridicolo?

Si dirà: le 5.252 pagine della sentenza Trattativa non le ha lette nessuno. Giovedì ne pubblicheremo con Paperfirst una sintesi di un decimo, nel libro Padrini fondatori curato da Marco Lillo e dal sottoscritto.

Ma sappiamo tutti che non è questo il punto.

Dalla saga Spelacchio alla sitcom Casa Di Maio, quella che chiamiamo “informazione”non ha più nulla a che vedere col diritto-dovere di informare.

Quanti pensano di usare il nulla per gettare discredito su chi ha l’unico torto di aver vinto le elezioni, non si accorgono che stanno sputtanando se stessi e l’intera categoria.

Ormai la libertà di stampa è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai giornalisti.

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