Appena nacque il governo Conte, pubblicammo un collage degli oracoli e oroscopi catastrofisti dei signorini grandi firme sull’Apocalisse prossima ventura. I nostri migliori indovini dicevano sostanzialmente tre cose.
1) Conte è una pippa, dunque sarà il burattino di Di Maio&Salvini e ci sputtanerà in Europa e nel mondo.
2) 5Stelle e Lega sono due branchi di incapaci, ignoranti, nemici della scienza e del progresso, non sanno neppure legarsi le scarpe, figurarsi governare un Paese: prepariamoci al disastro.
3) 5Stelle e Lega hanno vinto perché, da bravi populisti e sovranisti, hanno truffato gli elettori con fake news e promesse che non potranno mai mantenere tenendo i conti in ordine: il reddito di cittadinanza e quota 100 costano rispettivamente 50 o 60 e 20 o 30 miliardi.
Quindi o le tradiscono, e allora vengono impiccati sulla pubblica piazza da chi s’è fidato di loro; oppure le mantengono, e allora sfasciano i conti e l’Italia fa bancarotta e viene sbattuta fuori dall’Europa (che poi è il sogno dei giallo-verdi). Comunque vada, sarà un disastro.
Noi ci permettemmo di osservare che queste fosche previsioni erano forse un tantino eccessive e premature, soprattutto prima di conoscere il premier e di vedere all’opera il governo Salvimaio.
Ma, se l’apocalisse non si fosse verificata e i giallo-verdi fossero riusciti a mantenere almeno qualcuno degli impegni presi, quel pregiudizio universale si sarebbe ritorto come un boomerang contro chi l’aveva lanciato e a vantaggio di chi avrebbe dovuto esserne colpito.
Ora, dopo sette mesi, possiamo serenamente constatare che:
1) Conte conta e sa il fatto suo, in Italia e in Europa, come gli riconoscono a denti stretti anche i suoi più strenui detrattori;
2) gli incapaci, pur con tutti i loro errori, indecenze e gaffe, non sono ancora riusciti a far rimpiangere i capaci di prima, infatti nei sondaggi la maggioranza gode di un consenso unico in Europa mentre le opposizioni continuano a calare;
3) il reddito di cittadinanza e la quota 100 sulle pensioni, pur con mille limiti, paletti e incognite, sono legge dello Stato, con tanto di coperture e senza procedure d’infrazione né espulsioni dall’Europa.
Tant’è che il partito dei pop-corn, che attende in riva al fiume il passaggio dei cadaveri giallo-verdi tifando prima per lo spread, poi per la fucilazione europea, infine per il fallimento delle due riforme-bandiera, è letteralmente ammutolito e punta patriotticamente sulla recessione (che però riguarda tutta Europa, a prescindere dai governi).
Non abbiamo titoli per dare consigli alle opposizioni, che riescono benissimo a sbagliare tutto da sole. Ma, al posto loro, ci faremmo visitare da un bravo psicanalista, o almeno da un esperto di logica. Perché non si può continuare a dire tutto e il contrario di tutto: ci vuole coerenza, anche nelle cazzate.
Prendiamo il Tav, perfetta parabola della demenza collettiva. Si dice che i 5Stelle siano nemici della scienza, così Toninelli (No Tav) incarica uno scienziato, il prof. Marco Ponti, di studiare con tre colleghi i costi e i benefici. Salvini (Sì Tav) l’opera la farebbe, ma si atterrà al responso degli esperti.
Repubblica e dunque il Pd (o viceversa) accusano Ponti di non essere imparziale perché già in passato si era espresso contro il Tav. Come dire che gli scienziati Pro Vax non sono imparziali perché sono sempre stati Pro Vax.
Ponti deposita la relazione, di cui per ora si sa soltanto che è negativa: i costi superano di gran lunga i benefici, dunque il Tav-Torino Lione non s’ha da fare.
Il Corriere scopre che nel 2012 Ponti cofirmò un articolo prudentemente pro Tav, dunque chi lo accusa di partigianeria dovrebbe riconoscerne l’imparzialità: invece lo accusa di aver voltato gabbana.
A questo punto il Pd e dunque Salvini (o viceversa) invocano un referendum: siccome la scienza dice no, gli amici della scienza decidono che non vale più e i nemici del populismo si affidano al popolo confidando nella disinformazione generale.
Problema: per ora la Costituzione prevede solo il referendum abrogativo, dunque dovrebbe proporlo chi vuole cancellare il Tav, cioè i 5Stelle, che però sono al governo non per fare referendum, ma per deliberare ciò che han promesso agli elettori con leggi e decreti (specie se il contratto con la Lega impegna il governo a “ridiscutere integralmente il progetto”).
C’è poi il referendum consultivo, ma solo comunale o regionale, mentre questo sarebbe nazionale (il Tav lo pagano tutti gli italiani, anzi gli europei, mica solo i piemontesi) e richiederebbe una legge costituzionale, che sarebbe pronta fra due anni e che comunque i partiti pro Tav (Pd e FI) non hanno i numeri per approvare.
A meno che la Lega voti con loro, facendo cadere il governo. A quel punto il M5S sarebbe libero di indire referendum contro il dl Sicurezza e la illegittima difesa.
Dunque non ci sarà nessun referendum.
E allora, ecco un’altra ideona: siccome i No Tav contestano soprattutto il buco inutile, inquinante e costosissimo di 57 km attraverso le Alpi, facciamo solo il buco e non la ferrovia per collegarlo a Torino e a Lione, usando la linea vecchia.
Purtroppo è già tutto previsto dall’attuale progetto, che i Sì Tav si erano già venduti una volta nel 2015 annunciando un risparmio di 948 milioni. Ora se lo rivendono uguale, ma come nuovo, promettendo un risparmio – mi voglio rovinare, signore! – di 1,7 miliardi (non si sa se aggiuntivi o comprensivi dei 948 milioni).
E non spiegano perché non risparmiare direttamente 15-20 miliardi tagliando pure il buco, visto che la vecchia linea già collega Torino a Modane (con treni semivuoti).
Un bravo psicanalista spiegherebbe quest’ossessione per il buco con una versione 2.0 dell’invidia del pene: l’invidia dell’ano.
Marco Travaglio FQ 19.01.19