di Marco Travaglio per Il FQ, 7-9-19
Uno non fa in tempo a rallegrarsi perché la neoministra dell’Interno Luciana Lamorgese non sta su Facebook, Twitter e Instagram, e già gli tocca leggere le prime sparate di alcuni suoi colleghi.
Ancora non sanno dov’è il loro ufficio, ma già annunciano o minacciano leggi, decreti, grandi opere e financo dimissioni. Nel primo Consiglio dei ministri, il premier Giuseppi li aveva pregati di “evitare sgrammaticature istituzionali”, che è il suo modo per dire “niente cazzate”.
Poi quelli, appena usciti, han subito dato aria alla bocca. Si temeva che l’incontinenza verbale giocasse brutti scherzi a Di Maio&C., quelli della ola sul balcone e dell’abolizione della povertà.
Invece la prima a sbracare è stata Paola De Micheli, reduce da un’imbarazzante esperienza di commissario alla ricostruzione del Centro-Italia, come se a quella povera gente non fosse bastato il terremoto.
La neoministra dei Trasporti, che pare sempre in procinto di impugnare il mattarello e tirare la pasta dei tortellini, appena assisa sulla poltrona di Toninelli ne è stata subito contagiata e ha espettorato un’intervista a La Stampa tutta asfalto e cemento.
Al confronto Lunardi, “ministro con Trasporto”, era un dilettante. In barba al programma appena sottoscritto, che subordina ogni opera a una seria analisi degli “impatti sociali e ambientali”, Lady Turtlèn ha annunciato che “ostacoli politici ai cantieri non ce ne saranno più” (come se prima ce ne fossero: Toninelli non ha bloccato nulla, purtroppo).
Tav di qua, maxi-Gronda di là, forza Atlantia e, già che c’era, pure una parolina inutile su Alitalia (che tocca al Mise), Libia (affari Esteri), migranti e dl Sicurezza (roba del Viminale).
Quanto alle analisi costi-benefici, fa trapelare la Paola sul Messaggero di Caltagirone, “verranno aggiornate e lette non in chiave ideologica, ma di sistema”: vedi mai che 2 più 2 faccia 3.
Il risultato, ovviamente, è un ribollio di rabbia tra i 5Stelle, costretti a mordersi la lingua per non mandarla al solito posto.
E una garbata irritazione – per usare un contismo – di Conte, che s’era appena liberato dell’onniministro Cazzaro e se ne ritrova un altro in gonnella.
Anzi due, perché pure Lorenzo Fioramonti è debole di prostata: mentre si recava nel nuovo ufficio, Mister Istruzione già minacciava di dimettersi se non avrà subito 3 miliardi sul suo tavolo (ancora mai visto).
Per carità: come dice Vittorio Feltri su Salvini, “l’ora del coglione arriva per tutti”.
Ma di questo passo saremmo meno ottimisti della De Micheli: “Se andiamo avanti così, faremo assieme molte cose buone per il Paese”.
No, cara: se vai avanti così, non arrivate a fine mese.