Una storia incredibile
Qualche giorno fa una vittima delle agenti della Prati (Emanuele Trimarchi, ex Uomini e donne) ha raccontato di essere stato a lungo manipolato psicologicamente e di aver pensato al suicidio.
Se lo sono filato in pochi perchè non è un personaggio molto noto, ma quello che ha detto è molto grave. E a dimostrazione che questo è un fenomeno meno ludico di quello che sembra, vi racconto questa storia incredibile avvenuta in Australia e raccontata dai media australiani proprio in questi giorni.
Ho riassunto la lunga inchiesta della tv australiana oggi su Il Fatto. Eccola:
Mark Caltagirone ha ucciso una giovane donna. Non lui, perché lui non esiste, ma il catfish (o love scam) ovvero il fenomeno che si nasconde dietro alla creazione di profili falsi sui social per manipolare e ingannare.
La storia, raccontata in una lunga inchiesta dal giornalista James Oaten per la tv pubblica australiana Abc, è surreale e agghiacciante e spiega come il caso Prati sia la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più complesso.
Tutto inizia nel 2011.
La protagonista è Emma, una hostess modello appena uscita da una relazione dolorosa.
Emma riceve una richiesta di amicizia su Fb da un compagno delle elementari, l’attore della soap australiana “Home and Away” Lincoln Lewis.
Un bel ragazzo, molto famoso nel suo paese.
I due iniziano una relazione virtuale molto intensa fatta di messaggi continui, scambi di foto anche intime e di lunghe telefonate. Si innamora.
Lincoln però rimanda sempre il momento di incontrarsi con scusa sempre più improbabili, finché Emma non inizia ad avere dubbi e rintraccia il numero del vero Lincoln.
Lo chiama.
“Io e te abbiamo avuto una relazione per due mesi?” gli domanda. “No, di cosa parli?”, le risponde lui. Emma gli racconta tutto, lui rimane sconvolto, ma dopo poco, mentre si trova in vacanza a Bali, una sconosciuta lo ferma per strada e gli dice “Hey Lincoln, mi riconosci?”.
Lui non la conosce. La sconosciuta gli spiega che sono amici su fb da tempo. Solo che quel Lincoln che ha relazioni e amicizie su fb non è lui.
A quel punto Lincoln sempre più turbato scrive dei tweet in cui specifica che lui non è su fb e non chatta in privato con nessuno.
Tempo dopo finirà davanti alla polizia e questa storia assumerà dei contorni tragici, ma lui ancora non lo sa.
Emma nel frattempo scrive al finto Lincoln che ha scoperto l’inganno. Il finto Lincoln ammette la bugia, le spiega che lui in realtà si chiama Michael e che quel profilo è uno scherzo ideato con dei suoi amici, ma che ora la cosa gli è sfuggita di mano e di lei si è innamorato sul serio.
Emma gli crede.
La storia ricomincia con maggiore intensità, lui le invia foto in cui appare come un ragazzo bellissimo. “Ci parlavamo tutti i giorni, era una reazione profonda”, dirà Emma alla polizia, qualche tempo dopo.
Emma però a un certo punto scopre che quelle foto del ragazzo bellissimo che dice di chiamarsi Michael appartengono a un attore inglese, Danny Jason McGreen.
Michael le spiega che lui in realtà è il vero Danny Jason McGreen ma usa uno pseudonimo sui social per sfuggire a una sua ex che lo stalkizza e a una famiglia violenta, disfunzionale che si è lasciato alle spalle.
Ci saranno anche chiamate via skype ma le immagini saranno sempre pixelate o molto scure, l’ipotesi è che in alcuni casi Emma vedesse dei video del vero Lincoln o del vero Danny ma ridoppiati.
Emma gli crede, si sente sempre più coinvolta. “Baby, questo amore è stato un giro sulle montagne russe, ma sono l’uomo più fortunato del mondo”, le scrive lui. “Ti amerò per sempre”, gli scrive lei.
Le montagne russe invece sono appena iniziate.
Emma comincia a ricevere anche 80 messaggi al giorno da vari profili, alcuni amichevoli, altri ostili. E’ confusa.
Un giorno riceve la mail di un sedicente agente federale che la informa che il suo fidanzato è stato rapito, allegando una foto di lui legato in un luogo imprecisato.
Emma riceve messaggi anche da sedicenti familiari di lui disperati e crolla psicologicamente, tanto che smette di volare.
La compagnia aerea la lascia a terra. “Ero nel panico, stavo distruggendo il mio lavoro”, dirà alla polizia in seguito.
Arriva ad ingaggiare un investigatore privato che le dia una mano a sapere qualcosa sul rapimento, ma l’investigatore le spiega che i profili collegati al rapimento sono falsi.
Dopo un po’ Michael riappare dal nulla e le dice che non era stato affatto rapito, ma era andato a Miami e aveva staccato la spina per un po’.
Nonostante questo Emma non ha la forza di interrompere il rapporto, è manipolata psicologicamente da questo individuo. Riprende a lavorare, finché un giorno, atterrata a Los Angeles, apre il messaggio di uno sconosciuto che minaccia di andare dalla sua famiglia con una pistola.
Si rivolge alla polizia che mette la sua famiglia sotto scorta, ma a quel punto è in un incubo senza ritorno.
Lo sconosciuto invia delle sue foto intime alla famiglia, la tempesta di messaggi con vari account, ma allo stesso tempo le manda a casa cioccolatini e peluche.
“Diceva che non riusciva più a vivere la sua vita, era come se la sua mente e il suo corpo fossero dissociati”, racconterà in seguito la psicologa a cui Emma si era rivolta in quel periodo. Sua sorella, sempre in quel periodo, un giorno la trovò nel letto, che piangeva e tremava e diceva al telefono “Ti suppico, abbi pietà, non farlo!”.
Alla fine, grazie a Jess, un’altra vittima di questo catfish, l’identità del persecutore verrà scoperta, ma Emma, nonostante siano passati sei anni dall’inizio di tutto e la ruota della giustizia inizi a girare, non aspetterà la fine del processo. Si suiciderà nel 2017, incapace com’era di superare il trauma.
Anche Jess è una hostess, solo che lei incontra sul serio il vero attore Lincoln Lewis su un volo e ci scambia qualche parola.
Quindi gli chiede l’amicizia su fb, ma il profilo è quello falso, quello del catfishing a Emma. Jess e il finto Lincoln iniziano una relazione molto intensa, lui aiuta perfino sua figlia a fare i compiti al telefono.
“Sembrava un teenager quando sta cambiando la voce ma non dubitavo”, dirà alla polizia. Lui le spiega che non può incontrarla perché lei è molto più grande di lui e i media lo massacrerebbero. Jess fa delle verifiche e intuisce l’inganno, ma continua la relazione, cerca di scoprire chi si nasconda dietro quel profilo.
“Non potevo accettare l’idea di non sapere di chi mi fossi innamorata ”, confesserà alla polizia. Un giorno però lui le scrive che la mattina era dietro un cespuglio davanti casa sua e l’ha vista col suo vestito blu e la bambina con la divisa della scuola. Questi dettagli sono veri, per cui lei si spaventa e va dalla polizia.
Cambia casa e scuola alla figlia.
La polizia le chiede di continuare la relazione per finta, di registrare le telefonate e, quando lo sconosciuto si offre di sostenerla economicamente perchè Jess sta attraversando un momento difficile, le suggerisce di farsi fare un bonifico sul suo conto.
Lo sconosciuto si reca nella sua banca e fa accreditare 200 dollari sul conto di Jess. Individuata la banca, la polizia controlla le telecamere e scopre l’identità del donatore.
E qui arriva la prima notizia sconvolgente: è una donna. Una ragazza di 29 anni di Melbourne di nome Lydia Abdelmalek.
Lei è la mente del più tragico catfish della storia. Una ragazza copta che frequenta la chiesa con assiduità, con un profilo fb in cui si mostra amorevole con la mamma e gli amici, carina d’aspetto, insospettabile.
La sua casa viene perquisita, lei viene arrestata. Le prove, definite dal magistrato “impressionanti e inequivocabili”, sono profili falsi, indirizzi ip, regali che avevano codice postale dei suoi genitori, la sua voce nelle registrazioni, i telefoni pieni di password e foto di celebrità.
Aveva addirittura violato alcuni profili per cancellare conversazioni e prove. Ha sempre agito da sola, senza alcuna complicità di amici o parenti.
E’ accusata di stalking ai danni di sei ragazze e a giugno arriverà la sentenza. In tribunale non ha parlato, non ha dato spiegazioni e non ha mostrato alcun rimorso. La sua famiglia ha chiesto invano di proteggere la sua identità e di non divulgare informazioni sulla chiesa che frequentava e sulla sua famiglia, ma il giudice ha respinto la richiesta.
L’anonimato è invece stato garantito alle vittime di Lydia, che sono state descritte tutte come reduci da stress post-traumatico.
La sua psicologa Vanda Brink ha cercato di comprendere le ragioni di questo comportamento ed ha affermato: “Il suo movente non è chiaro. La forza trainante del catfishing proviene dal desiderio di manipolare, di sentirsi utile, di rendere un burattino un altro essere umano. Di esercitare potere su qualcun altro”.
L’attore Lincoln Lewis, in tribunale, ha detto di aver avuto molta paura, di aver temuto a lungo per la sua incolumità e per quella della sua famiglia, sebbene in realtà non esiste alcuna prova del fatto che Lydia si sia mai fisicamente avvicinata a una delle sue vittime virtuali.
Jess e Emma, le due hostess, si erano legate molto, Emma poco prima di suicidarsi aveva scritto all’amica “Non ce la faccio più”. Jess non ha più avuto relazioni, non si fida di nessuno.
Racconta che perfino la figlia è ancora traumatizzata.
E mentre attende con le altre vittime la sentenza che con ogni probabilità condannerà Lydia al carcere, non fa che pensare ad Emma, che si è tolta la vita prima di avere giustizia.
“Per Emma il processo significava rivivere l’incubo che aveva passato. Non riusciva a sopportare questa tortura. Quella donna ha le mani sporche di sangue”, ha dichiarato.