di Andrea Scanzi per Il FQ, 14-04-20
Spiace dover tornare a parlare di Matteo Salvini, ma uno che riesce a sbagliare politicamente tutto merita di sicuro il nostro affetto, perché convivere con questa atavica propensione al l’harakiri non dev’essere facile.
Ad agosto sembrava il re del mondo, in un delirante parossismo di sopravvalutazione generale e incantamento pressoché collettivo. Poi è bastato un mojito di troppo, o un Papeete a tradimento, ed è stata slavina stordente.
Persino sui social, dove i suoi numeri restano enormi come fan, è un pianto stitico: di like, di condivisioni, di commenti. Di interazioni.
Per raccattare qualche applauso in più, l’uomo che sussurrava ai citofoni si sta riducendo a condividere le dirette di Nicola Porro: capite bene che, quando ricorri a simili stratagemmi, la canna del gas diviene quasi una prospettiva invidiabile.
Tra giovedì e venerdì scorso, il Cazzaro Verde ha inventato una realtà parallela su Conte e Gualtieri: “Caporetto, drammatica ipoteca sul futuro, sul lavoro e sul risparmio dei nostri figli. Siamo fuori dalla legge, siamo alla dittatura nel nome del virus”. Ma figuriamoci: nessuna firma, nessuna attivazione, anzi un “no” ancora più duro al Mes.
Dopo la più che legittima replica di Conte venerdì sera, che ha generato polemiche puerili all’insegna dell’italicissimo “guardiamo la pagliuzza (ovvero la “forma” della replica) e non la trave (ovvero la gravità delle calunnie urlate dalla destra), Salvini ha perfino telefonato a Mattarella per frignare. Ha poi ricordato che la Lega votò “no”al Mes nel 2012, ed è verissimo.
Ma si è “dimenticato” di specificare che, se il Mes fu certo ratificato dal governo Monti, fu però avallato concretamente dal Berlusconi IV.
Un governo (orripilante) appoggiato dalla Lega e con Meloni ministro (della Gioventù). Consiglio dei ministri n. 149 del 03.08.2011. Qualcuno, tipo Tremonti, sta comicamente sostenendo che il Mes voluto da Berlusconi (e Salvini, e Meloni) era diverso e più “buono” di quello poi suggellato da Monti. E il bello è che qualcuno, tra i giornalisti, finge pure di credergli.
IL TOP DEL SALVINISMO all’ultimo stadio è stata però la citazione della figlia. Non di rado il Capitano (di chi? di cosa?) allude agli affetti familiari per generare empatia e indurre più simpatia.
Sabato ha detto: “Mia figlia mi ha chiesto: ‘Perché quel signore in tv ce l’ha con te?’”.
Sforzandoci di credere alla veridicità di tale scena, e comprendendo come una bambina non resti certo felice nel sentire un “signore” (Conte) per nulla tenero col papà, andrebbero fatte tre garbate considerazioni.
La prima è che “usare” una figlia per propaganda politica risulta in tutta onestà avvilente, mediamente riprovevole e oltremodo discutibile.
La seconda è che Salvini dovrebbe farsi una ragione delle mirabili tortoiate che ha preso in Senato il 20 agosto da Conte.
È comprensibile che ancora gli roda, perché ha raccattato una figura che resterà nei secoli e lo prenderanno per i fondelli in eterno anche i frassini morti, ma dovrebbe sforzarsi di voltare pagina: Salvini è un politico con poco talento e media furbizia, e Conte se lo mette ogni volta in tasca con la facilità con cui Muhammad Ali dispose nel ’67 del povero Ernie Terrell.
La terza considerazione è che attaccare sotto la cintura e poi piagnucolare perché l’altro è più bravo di te (ci vuol poco), è un chiagnefottismo di livello infimo. Roba da asilo nido.
Caro Matteo, smettila di interpretare così bene questo straziante calvario e di sbagliarle tutte: ormai criticarti è diventato così facile che neanche diverte quasi più.