Se l’avessi scritto io, in abruzzese, avrei usato questi nomignoli che trovavamo molto divertenti quando si cazzeggiava al Bar Vittoria. Cric e Croc erano i mitici Stan Laurel e Oliver Hardy e Manamancin’ un’invenzione locale.
Scanzi ne usa altri, dei diminutivi aggraziati…:) ma molto spiritosi lo stesso.
Stralci del divertente un articolo di Andrea Scanzi per Il FQ, 02-03-19
“(…) L’INEFFABILE ZINGA.
È il favorito, ma se non raggiungerà il 50% più uno dei consensi rischierà l’usuale gogna dei delegati allorquando il Congresso dovrà scegliere l’erede di nessuno (cioè di Renzi e Martina).
L’ineffabile Zinga, è per distacco e per mancanza di avversari, il migliore tra i candidati. Il piccolo problema non è tanto quel carisma da salumaio triste di Vitiano, quanto il suo parlare tanto senza dir nulla.
È contro i 5 Stelle, però un po’ anche a favore. È contro Renzi, però “Matteo ha fatto anche cose buone” (come il Duce). Panettone, ma anche pandoro. Una sorta di “maanchismo” veltroniano, forse fuori tempo massimo.
Domanda: quanti, nel mondo reale, non vedono l’ora di smettere di votare 5 Stelle per votare Zingaretti?
IL RUTILANTE MARTY.
Parlare di Maurizio Martina ti fa sentire come quando Spinoza cercava di descrivere il nulla.
Di lui tutti non ricordano assolutamente nulla: e non potrebbe essere altrimenti.
Durante le consultazioni ha provato a dialogare con i 5 Stelle, solo che poi Renzi gli ha tirato le orecchie e ciao core.
Il rutilante Marty ha un coraggio così spiccato che, se per caso a Don Abbondio capitasse di incontrarlo, si sentirebbe per contrasto Chuck Norris.
Ultimamente Martina si è trasformato in supereroe, agghindandosi come Dylan Dog.
Non è un caso: il primo albo della serie Bonelli si intitolava L’alba dei morti viventi, che è poi il programma di Martina.
Tra i suoi grandi sostenitori c’era Richetti, uno che si innamora sempre della persona sbagliata come Lady Gaga, e c’è ancora quel galantuomo di De Luca Vincenzo.
Daje Marty!
IL BONDI SMILZO.
Roberto Giachetti è ormai inarrivabile nell’incarnare il peggio del peggio della politica italiana.
Dopo un inizio da radicale anonimo, è divenuto vagamente noto per quel suo vezzo del digiunar a favor di telecamera perché la legge elettorale gli faceva schifo.
Poi però ha votato la fiducia sull’Italicum, che è un po’come marciare per la pace e poi sganciare la bomba atomica sull’opposizione.
La sua candidatura è tra le più brutte nella storia dell’umanità, ma a lui – perfezionista –non bastava e per questo ha chiesto aiuto a Calamity Jane Ascani.
I loro video hanno l’allegria delle epidemie e l’efficacia delle catastrofi.
Dopo aver perso tutto quel che c’era da perdere, Giachetti si è reinventato turborenziano efferato, ovvero una sorta di Bondi smilzo post-contemporaneo.
Non ha chance di vittoria, ma ha ottime possibilità di rovinare la vita a Zingaretti.
Vicino alla sinistra come il Foglio ai successi editoriali, potrebbe avere una vaga funzione nell’ecosistema solo se poi portasse tutti i suoi sostenitori (Boschi, Marattin & Marcucci: insomma, l’Armagedd on) in un partito ad hoc.
Chiamato magari “SIP”, ovvero Siamo I Peggiori.
Purtroppo però Giachetti non lo farà, perché ha tanto coraggio quanta coerenza.
IL CIGNO NERO.
Sui tre candidati aleggia come un fenicottero bulimico Calenda.
Il quale, tra una foto sexy e l’altra in riva alle pozzanghere, continua la sua cavalcata da incrocio bolso tra un Barca debole e un Renzi minore, interpretati peraltro da un Renato Pozzetto che si ostina a parlare in romanesco.
Calenda resta un politico inutile come la prima “r” di Marlboro, ma non diteglielo altrimenti ci rimane male.
E si mangia anche l’ultimo cigno rimasto sul pianeta Terra.”