Salvini e l’humus che lo sostiene
Salvini “il capitano” sembra volare nei sondaggi, cresce in consensi e sostegno. Gli italiani che lo hanno votato con il 17% il 4 marzo , oggi sembrerebbero raddoppiati.
Salvini non ha vinto le elezioni , ma il dopo elezioni, così dicono.
Ha il vento in poppa.
Un vento che da anni soffia sul bel Paese, sfibrato dalla crisi, da anni di politica last minut, con governi tesi più a mantenere se stessi che a traguardare politiche efficaci per cambiare rotta nella gestione della cosa pubblica.
Lo scontento per l’impoverimento di interi ceti, la mancanza di prospettive di lavoro per le nuove generazioni, un Sud ormai al collasso, i bassi salari, sono i fenomeni più macroscopici .
A questo si aggiunge un generale dissanguamento del Walfare, con prestazioni sanitarie che si riducono, con i Comuni sempre più in difficoltà nell’offrire servizi, la scuola e l’università alle prese con decennali riduzione di risorse.
Un coacervo di problemi irrisolti che pesano sulle condizioni di vita delle persone peggiorandole.
L’humus che in questo contesto prolifera è fatto di rabbia e rassegnazione insieme. La rabbia si incanala verso Partiti e/o capi che la esaltano e la foraggiano insieme alla paura o verso il rifiuto di tutto e di tutto sfociando dell’astensione e nell’estraneita’.
Salvini si fa interprete della prima e esaspera, individua il nemico , gli immigrati e l’Europa oggi, domani chissà, e formula ricette, leggi, provvedimenti al limite dei principi costituzionali.
Il DL sicurezza è solo l’inizio, un assaggio contro gli immigrati.
La manovra economica un braccio di ferro contro l’Europa.
Ma al fondo di tutto questo c’è un preciso segno , apparire come l’uomo giusto per rimettere ordine e disciplina.
Laddove ordine sta per risolutezza contro tutto e tutti, mutuando e esaltando il suo ruolo di paladino.
Un ruolo che si incardina sulla generale debolezza dei partiti di sinistra e di perdita della loro credibilità, sul generale abbassamento culturale del Paese , sulla condiscendenza della borghesia “illuminata” e liberale, di intellettuali senza voce e funzione.
Un humus pericoloso, per gli esiti trumpiani, lepeniani, orbaniani, esiti che in nome del nazionalismo e del sovranismo, alzano muri ideologici e fisici, indeboliscono l’idea di un mondo cooperante e collaborativo, per affrontare i grandi temi che sconvolgono il mondo .
I cambiamenti climatici, la finanziarizzazione dell’economia, il governo dell’intelligenza artificiale , della crescente robotizzazione che farà sparire a breve milioni e milioni di posti di lavoro.
Temi sottaciuti, ma che agiscono dietro le quinte, per lasciare al popolo “ignorante”, l’osso degli immigrati da rosicchiare, per distrarre.
Sottaciuti ai più per essere giocati a proprio favore e per disegnare nuovi scenari di potenza .
Agire dietro le quinte significa ridisegnare un nuovo assetto mondiale, sull’economia, sui poteri, senza partecipazione democratica, proprio perché sottaciuti e occultati.
È come essere in una scacchiera dove si muovono re e regine , i potenti, che decidono; i pedoni, il popolo, sono solo di contorno, buoni solo per essere plasmati a proprio beneficio.
Siamo agli esordi della nuova destra che si va affermando, in America con Trump, in Brasile con Bolsonaro, in Europa con gli Orban e in Italia con i Salvini.
Sarà bene che la sinistra decida di crescere e farsi adulta e essere all’altezza di questi temi.
Cominci a alzare la testa e seminare in quell’humus la conoscenza.
Si apra e si confronti con le donne che protestano, con i giovani e gli studenti che scendono in piazza, con i medici che scioperano per una sanità più accessibile, con gli insegnanti ammutoliti e mortificati, con gli operai espulsi dalle delocalizzazioni, con gli ultimi dei quartieri abbandonati delle città, con i meridionali disperati.
Ci vuole coraggio, testa e le parole giuste . Bisogna farsi popolo, né amorfo né indistinto, ma popolo consapevole della propria funzione.
Un popolo cosciente di una missione, cambiare il mondo in meglio, prima che sia troppo tardi.
Non c’è molto tempo.
di Pina Fasciani