Stralcio di un articolo di Tommaso Rodano per Il FQ, 28-05-19
“(…)
“Ho ricevuto le telefonate dei vertici del mondo dell’i mpresa, dell’industria, del commercio, della cultura e dello sport di questo Paese. Mi dicono ‘adesso tocca a voi’. E noi ci siamo”.
Stavolta niente rosario e niente occhi arrossati dalla commozione.
Il nuovo Salvini non sarà più (solo) il ministro dei porti chiusi, ma pretende il timone dell’Economia: “Va bene l’immigrazione, entra chi ha il diritto di entrare, però il tema su cui vincere per gli italiani è quello delle regole e dei vincoli fiscali. La riduzione delle pressione fiscale è un dovere. Prevista dal contratto di governo”.
È L’ANNUNCIO di una svolta: la campagna sui migranti sarà meno arrembante, d’ora in poi si parlerà più di soldi e lavoro. Con una priorità assoluta: la flat tax.
E un ringraziamento speciale ad Armando Siri, l’uomo che ne ha gettato le fondamenta: “Il voto ha dimostrato che le campagne d’inquisizione non pagano”.
È una delle pochissime frecciate ai Cinque Stelle.
Perché la strategia della Lega è chiarissima, ripetuta come un mantra dal segretario fino all’ultimo degli uomini di partito: niente ripicche, nessuna richiesta di poltrone, niente rimpasti.
Si va avanti: “Ho già sentito Conte, sono pronto per un vertice oggi, domani, dopodomani”.
Il completo ribaltamento dei rapporti di forza tra gialli e verdi si farà pesare tutto sul programma. Le autonomie regionali sono considerate inevitabili e praticamente già acquisite, il decreto Sicurezza bis sarà realtà già dal prossimo Consiglio dei ministri, il Tav – secondo la Lega – è stato oggetto del “referendum in Piemonte” e quindi si farà.
La vera battaglia sono le tasse.
ECCOLA qui la fase due: ora decide la Lega, i Cinque Stelle si dovranno adeguare.
Ufficialmente si professa lealtà: “Non cambia nulla, la parola data vale più dei sondaggi, vale più dei voti”.
Lo dice Salvini e lo ripetono a cascata i colonnelli che sciamano per la sala stampa di via Bellerio con sorrisi a 64 denti: Claudio Borghi, Stefano Candiani, Lorenzo Fontana.
Ma sotto la superficie delle parole di conforto, ribolle il rancore per settimane di campagna elettorale aggressiva. E fa capolino un senso di vendetta. Ecco il sottosegretario Candiani, ad esempio: “Ora bisogna smetterla con le entrate a gamba tesa di kamikaze come Buffagni ” (Stefano, sottosegretario 5Stelle a Palazzo Chigi, ndr).
Ma Candiani si è beccato pesantemente pure con Carlo Sibilia, il suo omologo grillino al Viminale.
Al leghista scappa un ghigno, sta per dire “Sibilia chi?” ma si trattiene. E articola: “Certi rapporti si sono deteriorati. Non esistono calci nel sedere dati in amicizia… i calci nel sedere non si danno. E basta”.
Il ministro della Famiglia Fontana usa parole molto simili: “Certi rapporti umani saranno molto difficili da recuperare”.
Sui diritti civili – sostiene – non ci saranno svolte, perché non sono previste dal contratto. Ma di certo la parola del governo su quei temi non sarà più quella dei Cinque Stelle, che l’hanno attaccato per il patrocinio al congresso ultra-cattolico di Verona. “Una battaglia che ha fatto male solo a loro”…
Non lo cita, ma ogni riferimento a Vincenzo Spadafora, braccio destro di Di Maio e sottosegretario con delega alle Pari opportunità, è puramente voluto.
Non preferirebbe avere interlocutori diversi da Spadafora?
Fontana non trattiene un sorriso: “Ma bisognerebbe tornare alle elezioni, fare un’altra campagna… sarebbe rischioso”.
Invece così il cerino è dei Cinque Stelle. “In questo momento sì, dipende soprattutto da loro”.
Insomma, il messaggio di via Bellerio per gli alleati suona più o meno così: l’alternativa è tra rompere e lasciarsi umiliare.”