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Renzo Arbore:”Il mio amico Marenco”

Stralcio di un’intervista di Renzo Arbore in ricordo del suo caro amico e collaboratore Mario Marenco, a cura di Silvia D’Onghia per Il FQ, 18-3-19

“(…)

Arbore, dove aveva conosciuto Marenco? 

Mario era nato anche lui a Foggia e poi si era trasferito a Napoli. In pochi lo sanno, ma nella seconda metà degli anni Sessanta si fidanzò con una giovanissima dea di nome Laura Antonelli. 

L’amore durò quattro anni, mi pare di ricordare. 

Io lo conobbi proprio a Napoli mentre –dall’a lto di uno scoglio – fingeva di dirigere un traffico di barche e allo stesso tempo lavorava a un ceppo di legno, che chissà cosa doveva diventare nella sua fantasia.

E lì nacque un’amicizia. 

Ho lavorato con lui quattordici anni alla radio, fatto due o tre programmi televisivi e anche due film (“Il Pap’occhio” e “FF.SS. – Cioè: “…che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?”). Mai uno scazzo, mai una discussione. 

Era una persona educatissima, ma fuori dall’ordinario. Era un bastian contrario? I suoi personaggi erano pieni di incongruenze, surreali, anti convenzionali. 

Così come lui. 

Quando gli chiedevo ‘Mario, perché fai questa cosa?’, mi rispondeva ‘ per sfregio ’. La sua caratteristica era quella di non essere omologabile.

Con Marenco e Boncompagni in Alto gradimento vi divertivate voi, prima del pubblico. 

Le dico di più: Gianni, poco prima di morire, scoppiava a ridere quando gli ricordavo le imprese di Mario. All’epoca non ci rendevamo conto delle sue vette di comicità, inedite non soltanto per l’Italia ma per il mondo. 

Gianni lo considerava il più grande umorista del secolo. Io e Nino Frassica ne siamo ancora convinti. 

Pensi che Nino, quando veniva ad ascoltare le nostre registrazioni, prendeva appunti. Ci ha fatto divertire fino alle lacrime, senza mai turbarci. 

Come per le telefonate del colonnello Buttiglione? 

Mario era davvero figlio di un colonnello della Guardia di Finanza, aveva vissuto a lungo in una caserma, conosceva bene il linguaggio cameratesco. 

Buttiglione però fu promosso generale Damigiani. 

Come mai? 

Ogni tanto in Rai arrivava una telefonata dal colonnello Buttiglione, i centralinisti buttavano giù pensando a uno scherzo di Mario. In realtà quel militare esisteva davvero, era lo zio dell’onorevole Rocco. 

Chiamava per lamentarsi, ma non gli credeva nessuno. Alla fine dovette intervenire il ministero della Difesa con una diffida ufficiale. Allora dovemmo inventare il generale Damigiani. 

E pensammo che, se avessimo incontrato davvero un generale con quel nome, il personaggio si sarebbe trasformato nel capo di Stato maggiore Labotte. 

Io dico sempre che non ho fatto il servizio militare, ma il tiraggio di Marenco. 

E Mr. Ramengo? 

Era l’inviato strampalato de L’altra domenica. Che so, per esempio si piazzava al Foro Italico con i genitali delle statue fasciste in primo piano. “Statuo –diceva –perché non mi sembra una statua”. 

Una volta Fellini mi chiamò perché voleva far fare a “Marietto”– così lo chiamava – un provino, ma non sapeva come farlo lavorare perché lo trovava un po’ “strambo”. 

E lei cosa gli rispose? 

“Devi dirgli il contrario di quello che vuoi, ha la contraddizione incorporata”. Infatti la reazione di Mario fu: “Ma che vuole ‘sto Fellini da me?”. 

A volte arrivava e salutava con un “buenos dias”. 

Noi: “È spagnolo?”. “No, tedesco”. 

Si era inventato un astronauta spagnolo quando la Spagna era ancora franchista. 

E il dottore professore Anemo Carlone? 

Andatevi a risentire le sue descrizioni del corpo maschile e di quello femminile. Oppure la sua filosofia sulle operazioni: “Il malato è pur sempre un essere umano…”. 

Ma quanto si preparava per i personaggi e le gag? 

Faceva tutto all’im pronta. Annotava scarabocchi sui bordi bianchi del giornale. Non si capiva niente. E lui stesso, per decifrarli, inventava altre cose. Non aveva nulla di razionale. E non ci dimentichiamo che è stato anche un grande architetto. 

Ha inventato il primo divano fatto solo di cuscini o quello che con un dito diventa letto. Un designer geniale. 

E il Riccardino con il grembiule a quadretti e il grande fiocco? 

Ma dove lo trova uno che già grande si mette a fare una cosa simile? Mario si divertiva a secutare (corteggiare, ndr) le ragazze Coccodè. Anzi, aveva accettato la parte per quello…”

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