I Ricordi di Caterina, Luciano Odorisio, Racconti degli Amici

Rapina a mano armata

Una rapina a mano armata senza farsi male.

Sono anni che nel mese di dicembre si osserva una recrudescenza di furti, rapine e scippi. Spesso in passato qualcuno, con cinica rassegnazione, diceva:” Anche Loro devono fare Natale.”

E nessuno pensava ad armarsi, come, al contrario, avviene oggi nel nostro Far West metropolitano.

Erano altri tempi, forse meno feroci.

Un anno in particolare, alla metà degli anni Ottanta, sono presi di mira i dentisti. Forse perché si favoleggia sui lauti guadagni della loro professione.

Maria, una mia cara amica, mi chiede di accompagnarla, insieme al figlioletto, allo studio del mio dentista, che si trova a pochi passi dalla mia abitazione.

Lei, da quando ha visto il film “Il maratoneta”, ha una paura folle del dentista.

Accetto volentieri, per aiutarla a calmarsi. Indosso il cappotto e non prendo nemmeno la borsa. Tanto tornerò presto a casa.

Nella sala d’attesa non ci sono altri pazienti e subito siamo introdotte nello studio per la visita.

Maria sta seduta sulla sedia, con la bocca aperta, mentre il dentista impugna il trapano.
Si sente bussare alla porta. L’infermiera corre ad aprire. Sono due persone.
“Vogliamo prenotare una visita e subito. Dove sta il dottore?”
“Vi prenoto io.” ribatte infastidita l’infermiera.
“No, vogliamo il dottore e levatevi di mezzo.”
Le voci sono alterate e noi sentiamo tutto il battibecco anche attraverso la porta chiusa.

Il dottore depone il trapano e con pazienza va in anticamera per risolvere la questione, lasciando la porta aperta.

“Ho l’agenda piena, per questa settimana. Possiamo vederci giovedì prossimo…”

“Dottó, non perdiamo tempo. Questa è una rapina!”
E tirano fuori due grosse pistole.
Maria trema impaurita, abbracciando il figlio. Io resto immobile, gelata.
Uno dei rapinatori, un ragazzo magro e pallido, è molto nervoso e agita la pistola verso il dottore

” I soldi!”

Il dottore indica un cassetto e gli porge il portafoglio.

Il ragazzo apre il cassetto, afferra i soldi e il portafoglio, strappa un braccialetto dal polso del dottore e intasca il tutto nel giubbotto di pelle nera, mentre continua a puntare la pistola, alternativamente, contro il dottore e l’infermiera.
L’altro è invece tranquillo e viene verso di noi. Deve essere il capo. Impugna la pistola quasi con indifferenza. È un ragazzo poco più che ventenne, di media statura, muscoloso, i capelli coperti da un berretto con la visiera all’indietro, indossa il solito “chiodo”.

Sfila dalla mano di Maria degli anellini di poco valore, poi si volge a guardarmi. Lo guardo anch’io, senza timore.

“Non ho niente da darvi, nemmeno la borsa. Che ne sapevo della rapina.”

Il suo viso mi ricorda qualcuno, non so bene chi. Un ragazzo a scuola. Non delle mie classi, lo avrei riconosciuto.

Mi prende la mano sinistra con due dita, quasi senza toccarla. La osserva.

“Le fedi non le vogliamo.”

Si gira e se ne va col suo complice mentre rivolto a noi:” Chiudete la porta e non uscite. E buon Natale!”

Tornata a casa, racconto la strana rapina. La decisione è unanime: Giocare i numeri al lotto!

Vinciamo 25000 lire. Per me una vincita di niente per una rapina di niente.

Maria però continuò ancora per molto tempo ad avere paura del dentista.

Caterina Abbate

 

 

 

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Sono un po' strega perché ebbi la sorte di nascere a Benevento, ma sono e sarò sempre una ragazza degli anni Sessanta. Per tutto quello che ciò significa.

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