Cinema & Teatro, Luciano Odorisio

«Qui è la Tuenti Senturi Fox, parlo col famoso regista Odorisio?»

“Helò helò, qui la Tuenti Senturi Fox, parlo con il famoso regista Luciano Odorisio?…” –

“No, Silvè, te prego…so’ le quattro de notte, sto a dormì…” –

“Helò, helò, noi avere proposta per lei…iù spik ‘nglisc?” –

“Silvè, c’ho sonno, dai, se sentimo domattina…” –

“Ahahahahah, abruzzesaccio, ma che fai, vai a dormì co’ ‘e galline?… Vai subito su ‘a televisione de Craxi, GBR… subito…” –

“Che c’è?” –

“C’è Maurizio Arena che fa il santone, guarisce pe’  telefono… “   

“Maurizio Arena?! Poveri ma belli?” –

“Siii, è lui, ha guarito ‘na cecata in diretta e una che non parlava da tre anni, e tutto pe’ telefono… vai, su… poi ce so’ i siparietti co’ le gnocche… guarda guarda… c’hanno dei culi…“ –

“Silve’, ma è tardi…” –

“E vaiii… che commentiamo insieme… vai che mò Maurizio sta parlando co’ una che è balbuziente, la sta fa’ parla come ‘na spiker… è da scompiscio… ce sei… ooh, dai…”

In ricordo del mio caro amico e maestro Silverio Blasi, insonne cronico e gran cazzeggiatore.

Ci conoscemmo sul set di “Lettera aperta ad un giornale della sera”. Ero l’aiuto di Citto Maselli e facemmo amicizia.

Silverio si divertiva a recitare come attore, aveva cominciato come attore, ed era anche molto bravo.

Francesco Rosi lo voleva sempre nei suoi film, anche piccole particine ma lo voleva.

E lo volli anch’io molto più tardi , in due film, Via Paradiso e Ne Parliamo Lunedì.

Qualche mese dopo esserci conosciuti  mi chiamò a Napoli, sede RAI, e divenni suo aiuto ne “Le terre del Sacramento“, una specie di epopea del lavoro contadino, che trova nella gente meno agiata socialmente una commossa celebrazione rivolta pure alla loro terra.

L’opera di Francesco Jovine, narratore di tradizione essenzialmente naturalista cresciuto nella realtà contadina del Molise, propone al lettore un tema reale e scottante della vita nel meridione che, grazie pure alla sua passione per la storia, viene mescolato all’espansione del regime fascista che porterà alla famosa “questione meridionale“.

Sceneggiato di 5 puntate con Adalberto Maria Merli, Paola Pitagora, Renato De Carmine, Nino Taranto, Regina Bianchi, Stefano Satta Flores (all’epoca fidanzato di Regina Bianch), indimenticabile interprete de I Basililischi di Lina Wertmuller, Angela Luce in grande spolvero (che minigonne ragazzi), Mario Carotenuto, Maria Fiore, con la quale ebbi un pour-parler in quel vecchio hotel Stadio, Guido Alberti (comproprietario della fabbrica di torroni Alberti e liquore Strega e patrocinatore del premio Strega) e il pittore Domenico Purificato come scenografo e la Giulia Mafai, sorella di Maria, come costumista.

Portai in dote un ottimo direttore della fotografia, Pino Pinori, col quale feci “Sotto il segno dello scorpione” l’anno prima con i fratelli Taviani.

I funzionari che ci seguivano erano Dudù La Capria e Angelo Guglielmi.

Me li ricordo come oggi. Io zitto quando si andava a pranzo. Adoravo sentirli parlare.

Ed ero io a scorrazzarli con la mia Mini Minor.

Si andava da Avezzano dove avevamo l’albergo a L’Aquila al ristorante le Tre Marie, proprio all’ingresso della città.

Che tempi…sbarcammo sulla luna quell’agosto.

Gran fermento, il futuro prometteva molto…

I titoli di testa Silverio li fece girare a me e anche un taglio del bosco che lui non aveva voglia.

E mi fece allestire una festa paesana con la pupazza, un fantoccio da bruciare alla fine del ballo.

Quella messa in scena fu lodata da Giorgio Strehler.

Ne andavo molto fiero, lo dicevo a tutti…l’anno dopo avrei firmato la mia prima regia, “Verga Fotografo“, giornalista Nicola Caracciolo, un documentario inserito nel bel programma di Brando Giordani, “Boomerang”, incontrai mia moglie e cominciò tutto…ciao Silverio…che ingiustizia non esserci più…

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