Luciano Odorisio, Politica

Quando Renzi cercò di “matteizzare” il CSM…

Quando Matteo Renzi era osannato da quasi tutti e aveva appena incassato il 41% alle europee, Giacomo Amadori su Libero (all’epoca diretto da Maurizio Belpietro) denunciò il piano dell’ex premier per mettere le mani sulla magistratura: «matteizzare» il Csm con i membri laici, far prepensionare quasi 400 toghe con incarichi direttivi, rendere ineseguibili le sentenze della giustizia amministrativa che annullavano le nuove nomine del Csm.

Anche grazie a questo articolo del 20 giugno 2014, che La Verità ripubblica, nella versione definitiva del decreto venne allentata la presa su Tar e Consiglio di Stato.

Passò, però, la riforma più importante, quella sul pensionamento a 70 anni dei magistrati, che, a partire dal 2017, ha portato a centinaia di addii e altrettante sostituzioni ai vertici di procure e tribunali.

Articolo di Giacomo Amadori:

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, abituale frequentatore di Procure come persona informata dei fatti (a Firenze i più attenti hanno già contato quattro sue audizioni) e non certo come indagato, ha le carte in regola, asseriscono i suoi, per mettere mano anche alla riforma della giustizia.

O almeno alla sua riorganizzazione dal punto di vista amministrativo.

Peccato che le nuove norme contenute nel decreto legge sulla pubblica amministrazione sembrino avere un solo obiettivo: occupare manu militari il potere giudiziario come neanche nella Corea del Nord.

Un piano contro il quale il presidente Giorgio Napolitano sembra essersi opposto solo in parte. Il Quirinale avrebbe infatti dato il suo parere negativo all’ immediato prepensionamento di oltre 400 tra giudici e procuratori, a causa dell’ abbassamento dell’ età pensionabile a 70 anni. Il ricambio generazionale potrà iniziare tra tre anni, nel 2017.

Ma eccoci alla seconda parte del piano renziano. A luglio ci saranno le elezioni per rinnovare il Consiglio superiore della magistratura e la maggioranza parlamentare dovrebbe piazzare cinque membri laici e un vicepresidente di peso.

Sarà poi questo Csm «matteizzato» a scegliere i nuovi procuratori e presidenti di tribunale, sino alla rivoluzione del 2017.

Un piano che i magistrati non allineati considerano scellerato.

Lo spiega a Libero Andrea Reale, giudice dell’ udienza preliminare a Ragusa e unico membro su 36 del Comitato direttivo dell’ Associazione nazionale magistrati non appartenente alla troika di correnti Unicost, Area e Magistratura indipendente, bensì esponente della cosiddetta Proposta B, quella di chi vorrebbe un Csm selezionato per sorteggio e non monopolizzato da logiche politiche e partitiche.

«Ho presentato un’ istanza per chiedere di riunire il comitato direttivo per una doverosa discussione.

Questa bozza è a mio modo di vedere un vero e proprio attentato all’ indipendenza interna della magistratura e in particolare a quella delle singole toghe.

Infatti impedisce per legge di difendere la loro legittima aspettativa a un posto direttivo o semidirettivo.

Per me si tratta di una norma incostituzionale perché gli articoli 24 e 103 della Suprema carta garantiscono a tutti i cittadini la tutela dei propri interessi legittimi e di poter ricorrere per motivi di legittimità sostanziale ai giudici amministrativi». Diritto che ora verrebbe calpestato.

Ma che cosa dice esattamente l’ articolo incriminato? «Contro i provvedimenti concernenti il conferimento o la conferma degli incarichi direttivi e semidirettivi, il controllo del giudice amministrativo ha per oggetto solo la legittimità formale e procedurale del provvedimento di nomina e la verifica che esso non sia manifestamente volto a perseguire finalità arbitrarie, diverse dal buon funzionamento degli uffici giudiziari».

Praticamente i magistrati che riterranno ingiusta una nomina e che penseranno di avere titoli migliori di chi gli ha soffiato il posto in un determinato ufficio non potranno più rivolgersi al Tar.

A meno che non riescano a dimostrare le succitate «finalità arbitrarie» da parte del Csm. «Un’ impresa impossibile» conclude Reale. In sostanza il decreto introduce un regime di non impugnabilità delle delibere di nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari.

Ma è nella coda dell’ articolo che c’è il vero veleno e riguarda l’ ipotesi in cui un magistrato avrà avuto la possibilità di rivolgersi al Tar e avrà vinto: «Nel caso di azione di ottemperanza il giudice amministrativo, qualora sia accolto il ricorso, ordina l’ottemperanza e assegna al Consiglio superiore un termine per provvedere».

La manina dell’estensore del decreto aggiunge che in questi casi viene abolito il commissario ad acta, l’unico organo terzo in grado di far rispettare la sentenza.

«Chiedere al Csm di rivedere le proprie decisioni è come chiedere a un inquilino moroso di sfrattarsi da solo» chiosa un giudice romano che preferisce restare anonimo.

Anche perché i membri del Csm, per una vecchia legge ordinaria non sono responsabili dal punto di vista penale, civile e amministrativo per gli atti compiuti o non compiuti nell’ esercizio delle loro funzioni. Qualunque altra amministrazione se non ottemperasse verrebbe perseguita penalmente, il Csm no.

«Hanno blindato il sistema e consegnato la magistratura alle correnti» conclude la toga sconsolata. Sino a ieri il Tar e il Consiglio di Stato potevano intervenire quando il Csm procedeva a lottizzazioni sistematiche o promuoveva candidati che non avevano i titoli migliori, contestando anche al Csm i vizi tipici degli atti amministrativi.

Da domani non potranno più farlo, visto che saranno ammesse solo le contestazioni formali e procedurali.

La valutazione del Csm e delle sue correnti diventerà insindacabile al pari di un atto parlamentare. Il che si inserisce, come detto, in un sistema in cui i componenti del Csm con una legge ordinaria sono stati dotati dell’ immunità penale, civile e amministrativa per i loro atti.

Una legge che la Consulta considerò legittima per sottrarre i membri del Palazzo dei Marescialli alle possibili ritorsioni degli altri magistrati. Con Renzi si va oltre e viene creato un mondo a parte, dove le delibere del Csm non possono essere impugnate e le sentenze del Tar non possono essere eseguite coattivamente.

Senza considerare che la mancata esecuzione delle decisioni dei giudici amministrativi non potrà avere conseguenze sui consiglieri del Csm.

E allora che cosa dovranno fare le toghe senza padrini e riferimenti politici? «Dovremo presentarci pure noi con il cappello in mano in vista delle elezioni del 5 e 6 luglio per il Csm e metterci al servizio di qualche corrente», risponde amareggiato un pm di Proposta B.

Che riassume così il piano di Renzi: «Azzerare i ruoli direttivi delle toghe, fare scegliere quelli nuovi da un Csm politicamente orientato e rendere queste nomine non impugnabili.

In pratica vuole scegliere i vertici della magistratura italiana». Nei corridoi di Palazzo Chigi non ci stanno e replicano che la nuova norma è stata scritta per evitare che a causa dei continui ricorsi i posti in magistratura restino vacanti anche per anni.

Le toghe avverse al decreto replicano snocciolando la sentenza 497 del 2000 della Corte costituzionale sui magistrati: «Nel patrimonio di beni compresi nel loro status professionale vi è anche quello dell’ indipendenza, la quale, se appartiene alla magistratura nel suo complesso, si puntualizza pure nel singolo magistrato, qualificandone la posizione sia all’ interno che all’ esterno: nei confronti degli altri magistrati, di ogni altro potere dello Stato e dello stesso Consiglio superiore della magistratura».

Come dire: l’ indipendenza della magistratura non è garantita dal Csm. Tantomeno da un Consiglio subalterno alla politica e completamente deresponsabilizzato.

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