di Silvia Truzzi per Il FQ, 8-8-19
Paolo Mieli ha scritto sul Corriere un bilancio della fase politica successiva alle europee: “C’è un vincitore, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e uno sconfitto, il suo vice Matteo Salvini”.
Direttore, è ancora vero dopo il voto sul Tav?
Sì, perché il premier può contare su una “maggioranza ombra”in cui è sostenuto, pur non formalmente, anche da Pd e Forza Italia. Il Pd poteva, pur contraddicendo la attuale posizione sul Tav, uscire dall’Aula mettendo davvero in crisi la tenuta della maggioranza. Una cosa che avrebbe contribuito ad abbattere un governo “razzista”, “autoritario” e “pericoloso”: se uno grida al fascismo un giorno sì e l’altro pure come fa il Pd, dovrebbe trarne le conseguenze e provare a far cadere in tutti i modi il governo. Conte ne esce rafforzato.
Pare che il ministro Salvini abbia chiesto ai suoi parlamentari di non allontanarsi per le ferie. Non sarebbe strano se fosse lui ad aprire la crisi, visto che il voto sul Tav è andato come la Lega voleva?
La domanda vera è se il ministro dell’Interno vuole o no andare a elezioni anticipate. Ma attenzione: ai primi di settembre ci sarà il voto sulla legge costituzionale di riduzione del numero di parlamentari: dopo sarà complicatissimo andare alle elezioni.
Il segretario dem Zingaretti chiede che Conte salga al Quirinale per una verifica sulla maggioranza. Il presidente della Repubblica assumerà qualche iniziativa?
Non credo, se la prendesse sarebbe un omaggio formale alle opposizioni. Ribadisco: il punto è cosa vuol fare il leader della Lega. Se vuole aprire una crisi, la verifica della maggioranza è inutile. Viceversa si continuerà a dire, come fanno i 5 Stelle, che il voto sul Tav impegna il Parlamento e non il governo: dunque, nulla quaestio.
Altro possibile scenario è quello di un rimpasto o di un “rimpastino” con il sacrificio di Toninelli: servirebbe?
Indebolirebbe Salvini. Ricapitoliamo: uno che ha ottenuto il 34 per cento alle Europee, che ha avuto l’occasione di andare alle urne e non lo ha fatto e si accontenta di chiedere la testa di un ministro, dà una prova deludente al suo elettorato. In autunno il governo dovrà affrontare sfide durissime, non credo gli gioverà mettere sul tavolo lo scalpo di Toninelli. E anche avesse ottenuto la testa della ministra Trenta… L’unico risultato importante per Salvini sarebbe un cambio alla guida di Palazzo Chigi. Non lui stesso, un altro. Ma è difficile che lo ottenga.
Ai 5 Stelle converrebbe acconsentire a un rimpasto, anche mini?
Nel 1983 Ciriaco De Mita, che da poco era arrivato al vertice della Democrazia cristiana, subì una durissima sconfitta alle Politiche. E concesse la presidenza del Consiglio a Bettino Craxi, rivale che non aveva riportato uno straordinario successo alle urne. Per rimettersi in carreggiata dopo una débâcle elettorale, si può anche fare qualche concessione.
Insomma, cosa trattiene Salvini dall’andare a elezioni?
Ci vuole coraggio a rinunciare a quello che si ha per aprire una fase che è comunque avventurosa. I suoi consiglieri più moderati certamente lo spingono a non precipitare la situazione. Tutti gli rimprovereranno, dopo, di non averlo fatto: capitò a Renzi nel 2016 e ancora prima a Craxi nel 1991. Questo ardimento gli uomini politici italiani raramente lo hanno: accade più spesso, anche se con fortune diverse, altrove. C’è poi l’incognita giudiziaria. Molti commentatori e addetti ai lavori parlano del “Russiagate”come se ci fosse una carta coperta. Qualcosa che potrebbe mettere in guai seri Salvini.
Lei che ne pensa?
Credo che questa eventuale carta coperta nella vicenda giudiziaria faccia più paura a Salvini per le conseguenze di isolamento politico, anche a livello internazionale, che per quelle sull’elettorato. Tutte le notizie che sono emerse, a due riprese da febbraio a oggi, hanno avuto un impatto nullo sia sui sondaggi che sulle elezioni europee. Il vero timore di Salvini è che un eventuale, più grave, scandalo giudiziario possa fornire l’alibi per un esecutivo di unità nazionale con la Lega all’opposizione. Magari presieduto dallo stesso Conte.
I cittadini lo capirebbero?
Non credo, personalmente sono sempre scettico su operazioni di questo tipo. Per Salvini stare all’opposizione sarebbe più un’opportunità che un danno. Mentre metterebbe in grande crisi i 5 Stelle, che si troverebbero alleati di Pd e Forza Italia, davanti ai loro elettori. Anche se, tornando all’inizio di questa conversazione, il vincitore sarebbe di nuovo il premier Conte. Che durante questo difficile anno, è riuscito a orientare i 5 stelle verso una direzione istituzionale: tanto è vero che sembrano, agli occhi del Capo dello Stato, un partito più affidabile della Lega.