ANTONIO PADELLARO
Zen, antifascismo e coma finito: qualcosa stavolta è cambiato
Brutta e cattiva quanto volete, ma questa campagna elettorale ha mutato sostanzialmente il profilo dei partiti in lizza e il loro consenso virtuale nei sondaggi. Tutti hanno cercato di presentare un’immagine più “accogliente”, tesa a conquistare gli indecisi dell’ultima ora.
Matteo Salvini, riposte le tute da combattimento si è proposto, in modalità zen, come il capo di una destra più tradizionalista (il rosario) e meno estremista sull’Europa che sarà.
Luigi Di Maio ha sterzato verso il centrosinistra (sull’antifascismo e con padre Konrad, l’elettricista della misericordia), soprattutto per togliere spazio alla piccola rimonta del Pd.
Che con Zingaretti ha scelto la strada soporifera del male minore, puntando su chi non è può più della rissa gialloverde.
Quanto a Berlusconi, ha riproposto le solite gag all’elettorato più anzianotto e nostalgico (anche se ormai lui gioca in serie B).
Risultato: la Lega cresce meno di qualche settimana fa.
Il calo del M5S si è interrotto recuperando punti.
Il Pd esce dal coma farmacologico e si consolida come forza d’opposizione. Sì, qualcosa è cambiato.
PETER GOMEZ
Il podio (dei peggiori): primo Salvini, ultima Emma Bonino
L’unica classifica da stilare è quella dei peggiori.
Al primo posto c’è il probabile vincitore delle Europee, Salvini.
Quando per i sondaggi i consensi erano alle stelle (37%) ha fatto di tutto per perderne corteggiando minoranze prive seguito e invise ai più: gli ultras cattolici “no aborto” e i neofascisti.
In più ha difeso la Casta opponendosi al licenziamento di un sottosegretario indagato e proponendo di abolire un reato tipico dei politici: l’abuso d’ ufficio.
In seconda piazza c’è Zingaretti. Avrà un buon risultato solo perché Renzi non si è fatto quasi vedere e perché ha come avversari le due litigiose forze di governo. Ma nessuno sa cosa voglia.
Terzo: Di Maio. Buona l’idea di differenziarsi e attaccare la Lega su legalità e diritti, mostrandosi moderato. Pessima quella di ricorrere anche alle parolacce.
Quarto: Berlusconi. Ha fatto se stesso. È impresentabile, ma proprio per questo c’è chi lo vota.
Quinta Meloni: anche se lei è più a destra, Salvini ha fatto sì che molti non se ne accorgano.
Settima Bonino. Se tutti parlano male dell’Europa, basta chiamarsi +Europa per avere qualche voto.
DANIELA RANIERI
Zero idee e troppe parate Alla fine il più serio sembra B.
Una persona che si fosse svegliata dal coma un mese fa e dovesse decidere chi mandare al Parlamento europeo sulla base della serietà della sua campagna elettorale, domani dovrebbe votare Berlusconi.
Per dire quale tragica farsa siano le elezioni europee.
Solo B. ha parlato d’Europa (al netto del fatto che a salvarci dalla Cina saranno lui, Tajani, Irene Pivetti ecc.).
Salvini ha sostituito la campagna elettorale con un gigantesco selfie geolocalizzato, e il programma della Lega, a parte un Pater noster e due Ave Maria, è ignoto.
Di Maio ha omesso di comunicare i punti del M5S sfiancandosi nella lotta col contraente e presentandosi nei ta l k con la consueta parata di ministri (che c’entra?).
Chi ama l’Europa deve votare il Pd di Zingaretti (percarità brava persona) e i suoi capilista di punta (Pisapia, Bonafé: che è tutto dire): pensate se la odiasse.
Il duo Calenda-Renzi ha fatto campagna contro il Pd, e per loro le europee saranno un sondaggio gratis su sé stessi.
Premio della critica a Giorgia Meloni, per la grinta (all’erede Mussolini il premio Orologio Vivente d’Italia).
PIERO IGNAZI
Il boomerang di piazza Duomo e la “luce” a sinistra: Calenda
Nessun leader ha brillato particolarmente in questa campagna elettorale. Di certo però è facile stabilire chi è stato il peggiore: Matteo Salvini.
Ha messo in serie alcuni errori culminati con l’infelicissima manifestazione di Milano dell’altro giorno, un disastro comunicativo che gli si è ritorto contro e di cui subirà conseguenze anche in maniera significativa, perché credo che sarà al di sotto del 30 per cento.
Pur senza particolari acuti, la strategia dello scontro con la Lega ha invece giovato al Movimento 5 Stelle, che ha dimostrato di non essere succube dell’alleato e che testimonia come differenziarsi da Salvini possa pagare in termini di consenso.
Gli equilibri resteranno quindi questi, anche perché nel centrodestra Berlusconi è ormai alla fine: potrà recuperare qualche voto dai suoi che lo avevano “abbandonato”, ma la storia di Forza Italia è chiusa nonostante la nuova discesa in campo.
A sinistra, invece, più di Zingaretti ha fatto Calenda, che ha dimostrato di essere un personaggio abbastanza capace, anche se non credo sia in grado da solo di spostare granché.
NADIA URBINATI
Solo un derby tra gialloverdi Di Europa non parla nessuno
La campagna elettorale è stata fatta soltanto a proposito dell’Italia, a destra e a sinistra.
L’Europa è stata vista solo in funzione suppletiva, il discorso politico è ruotato solo ai nostri meccanismi interni senza che nessuno avanzasse proposte serie sulla propria visione d’Europa.
Non si è parlato di normative europee, di Bce, del Trattato di Dublino, su cui molto è stato fatto negli ultimi mesi senza che tra l’altro il ministro dell’Interno partecipasse ai lavori.
Questo fa sì che gli elettori poco sappiano dell’Europa e votino solo in base agli effetti dei risultati in Italia, trasformando le elezioni in un plebiscito su Salvini.
Quelli che si sono mossi meglio sono stati i parlamentari uscenti e tra tutti cito Elly Schlein, anche se non è nemmeno ricandidata. È stata un’occasione persa soprattutto per il Pd, che aveva un minimo di vento in poppa e poteva approfittarne per sfoderare competenza e conoscenza europea. Invece anche i dem hanno preferito ridurre la campagna elettorale a uno scontro su Di Maio e Salvini.
ANDREA SCANZI
Gara di rutti (poco esaltante) L’unico che si salva è Conte
È stata una campagna elettorale esaltante come un’intervista di Porro a Berlusconi, che peraltro è un ossimoro.
Di Maio: inizialmente oscurato dalle smargiassate di Salvini, dalla “via della seta” in poi ha randellato il collega di governo con ferocia sin troppo ostentata: una via di mezzo lo aiuterebbe.
Salvini: imbattibile nella “gara dei rutti” (cioè degli slogan), è a un passo dallo smerigliare trasversalmente le gonadi. Rischia già l’effetto Renzi, che dal 4 dicembre 2016 sbaglia tutto con agio inesausto.
Zingaretti: inarrestabile e rutilante come una mietibatti spenta.
Berlusconi: numeri a caso, sproloqui, freddure. Non si uccidono così neanche i caimani.
“Sinistra”: retoricamente onnipresente su social e tivù, sì è autoproclamata unico argine al ritorno di Hitler. Me cojoni.
Tra i pochi a salvarsi mediaticamente: Conte, che infatti in tivù non c’è andato mai. Come a dire che, parafrasando un Nanni Moretti lontano, oggi il politico si nota di più se non viene. Mentre, se si autoinvita alla festa, non fa in tempo a sedersi che ha già rotto le palle a tutti. Meno uno Domani le elezioni europee, sfida anche nazionale tra Lega e M5S Ansa/La Presse »
A CURA DI LORENZO GIARELLI per Il FQ, 25-05-19