Le ricette di casa, Luciano Odorisio

«Nonno, e le vongole?»

Chiedevo io col candore della mia giovane età, indicando con uno sguardo deluso il piatto di linguine davanti a me.

E mio nonno rispondeva, sghignazzando sotto i suoi moustaches alla “canottieri” lungo Senna, svirgolettati all’insù:

«S’ l’ha magnat’ la hatt’»…

E al mio sguardo, divenuto interrogativo nel frattempo, spiegava meglio, in italiano questa volta, nel suo italiano.

«Se l’ha magnato la hatta!» e rideva.

E io ridevo.

E la scena si ripeteva puntualmente la domenica con gli spaghetti o gnocchi al ragù di carne.

«Nonno, e l’agnello chi s’ l’ha magnat’? Sempre la hatta?», cercando di uniformarmi al suo lessico.

«No, nipote mio…quell’ s’ l’ha magnat’ lu can’…»

E al mio sguardo finto interrogativo precisava nel suo italiano forbito.

«Lu cane!»…e si rideva di nuovo insieme.

Eravamo diventati una coppia ben affiatata di attor comici, io gli davo la battuta e lui rispondeva, come i fratelli De Rege insomma.

Era lo stesso nonno che poi la sera, a differenza di zio Ulrico Falcocchio, che in altra sede, in altra casa, quella dell’altra nonna, altro livello sociale, mi leggeva Salgari, lui, nonno Giuseppe, mi faceva cagare sotto con storie di lupi mannari.

Nonno Giuseppe era un nonno alla buona, sapeva di vigna, di terra, di alberi secolari.

Lui e la nonna, di cui vi racconterò in altra occasione, soprattutto del suo amore per il Montepulciano d’Abruzzo, vivevano con noi per alcuni mesi l’anno…

Gli altri mesi li passavano della sorella di mamma, zi ‘Ngiulina, quella che faceva sagne e fascioli da urlo, con pezzettoni di pomodori alla cafona maniera, cucina contadina, il gusto della zolla, e una scorcetta di peperone verde dolce. Peperoncino fresco verde “ad libidinem”, come diceva un caro amico morto da poco meno di una settimana, Gianni Di Clemente.

Ma tornando alle linguine con le vongole o agli spaghetti al ragù di carne…

Correvano i mitici ma poveri anni 50.

Cominciavano a comparire i telefoni da muro e la televisione stava cominciando a livellare linguaggi e costumi.

La Vespa, Vacanze Romane, la Cinquecento,

i Beatles, Mary Quant, Kennedy, lo Sputnik

In tutto questo fervore costruttivo e culturale però…

Si faticava ancora a mettere insieme il pranzo con la cena.

Il ventennio aveva lasciato solo macerie.

E la cucina era ancora povera, si ricorreva all’illusione.

Linguine “uso pesce” e spaghetti “uso carne” e “uso genovese“.

Cioè, mangiando ad occhi chiusi sembrava che mangiassimo pasta alle vongole o alle lumache di mare, il profumo era quello, ma senza vongole né lumache di mare nè il girello della genovese.

Le ricette delle prime due pietanze erano semplicissime.

“Uso pesce”: aglio olio pomodoro e foglioline di prezzemolo, intero o tritato, tutto a crudo, in modo da tenere a bada l’aglio.

No peperoncino altrimenti diventa un altro piatto…l’”arrabbiata” ma è tutta un’altra storia.

Cuocere poi a fiamma moderata, linguine della Fara e vai col profumo di mare.

A Napoli questo piatto si chiamava e si chiama  linguine alle vongole scappate o “fujute”.

linguine fino pesce
Linguine Fujute

Della “genovese” ne parla la mia amica Caterina in un altro articolo.

I poveri si accontentavano di poco in fondo.

Bastava farli sognare ed erano felici.

E così “uso carne”, sembrava che mangiassimo tagliatelle al sugo di agnello ma senza l’agnello…solo il profumo.

E ci bastava perchè dentro c’era il sogno, la speranza che prima o poi l’agnello l’avremmo mangiato.

Mazzetto di odori soliti, carota cipolla sedano basilico, anche qui una “scorcetta” di peperone verde dolce, pomodoro “quanto basta”, tutto a crudo, sobbollire lentamente, blo, blo, blo…ed ecco un’altra illusione…”ragù “uso carne”.

Oggi non c’è più neanche quel gioco di prestigio…i sogni son finiti…e siamo ridiventati poveri…

E torno a cucinarmi linguine “uso pesce” e la domenica “uso carne”.

E ogni forchettata il ricordo di quel mondo, quei sapori, quegli odori, quando ancora tutto doveva cominciare, avevamo il futuro davanti…

E le risate di nonno Giuseppe sotto i suoi moustaches mi accompagneranno ancora…

Sempre.

«Nonno, dove sei?», chiedo oggi col groppo in gola.

«Fatt’ li cazz’-a-te!», mi risponde chissà da dove e sento ancora le sue sghignazzate…

Da “NON INVECCHIEREMO MAI”

Edizione IlViandante…si compra qui.

Luciano Odorisio

 

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