Bellezza, ricordi, comicità, una civiltà scomparsa e una vita tra le righe tutta da vivere ancora.
Questi gli elementi del libro del regista e scrittore Luciano Odorisio, Leone d’Oro a Venezia.
Una vita vissuta a bere bellezza, annusare ardore, sopraffarsi di sorrisi e piccoli drammi.
Donne, forti personalità e umori, tipi umani e reazioni, il regista, il produttore, gli amici, i cazzeggi semiseri e il lavoro; l’opera su tutti privilegiata, quella del regista.
Arte iniziata per capriccio quasi, per dispetto di una provincia sonnacchiosa e senza prospettive per un genio come Odorisio, e perseguita brillantemente, ma senza compromessi e per questo più discosta e preziosa.
Occhio capace, il suo, di scovare il bello dove il bello forse non c’era, abile nel raccontare una Italia che poteva scegliere il meglio ed ha scelto il niente.
Macchina da presa sagace, astuta e tanto ironica.
Scrittore da sempre, di tutti i suoi copioni, di piccole perle di blogger sopraffino. E anche in questo libro, fatto a camei, a piccole grandi storie, troviamo la sua cifra.
Ricorre una Italia ormai scomparsa dove ci si sapeva e poteva prendere in giro perché non esistevano le insulse considerazioni di lesa maestà su odierni inconsistenti eghi.
Chieti è raccontata come i set cinematografici dove il bell’dorisio debuttò con il cappello da cow boy e una finta sicurezza ostentata dal salire a cavallo al corteggiare quelle creature belle e strane e piene di iniziativa e ritrosia che sono le donne. Donne che Odorisio omaggia una ad una dalle prostitute tenere e canterine di Via Paradiso, all’alterigia nobile di Paola Borboni, dalla rara bellezza di Claudia, creatura eterea e terragna, alla temibile Cora e Rosemary, buscaglionamente riverite.
Piccoli drammi sui quali sorridere, un finissimo erotismo su ogni aspetto del femminino, una laicità festosa, divertente ma quasi malinconica di un dio che non bussa.
“L’ho sempre detto abbiamo un Dio poco generoso e troppo punitivo”.
Ed appaiono perle, frasi aforismatiche da appuntarsi e se stavamo pensando, a ragione, a Bukowski, a Calvino, a tratti ad Hemingway, ci investe tutta l’ironia di Ennio Flaiano che davvero Odorisio ci ricorda tante volte.
Ed eccola, ragazzi, questa è sopraffina Letteratura.
Quando, tra le righe, ritrovi autori giganteschi più e più volte, e magari avverti la disinvoltura di chi non se ne avvede, hai la certezza che mentre sorridi o ti commuovi ai suoi racconti, sei nel pieno del vero meccanismo letterario; quello di chi ha letto molto e dimenticato e restituisce sulla pagina la tradizione più autentica. Quindi vera Letteratura e grande Cinema, come quando giri un film e ti accorgi che “la storia non è più tua. Tu puoi solo servirla, aiutarla a farsi strada, a crescere. (…).
E in quel momento i tuoi personaggi stanno creando un altro tempo, immaginato ma nello stesso tempo reale. Stanno vivendo. Vivono per te, per tutti”. Un padre artista, una nonna saggia e onnisciente, una moglie contigua e tutta la cultura e la vita che vuoi: Picasso, Visconti, Ladri di biciclette, il Teatro Marrucino, la Casina dei tigli, Sinatra, Gian maria Volonté, Paolo Liguori, Manuela Arcuri, Piera Degli Esposti, Lucia Bosé, un Abruzzo necessariamente, dannunzianamente adorato da lontano…
Perché è così che fanno Cultura e Letteratura, ti sfilano davanti tra imprecazioni e dissacrazioni in mezzo a tutta la nostra storia, quella scorsa e assolutamente quella futura. Racconti del passato senza passatismo, speranza senza speranzosità e su tutto, di tutto. “…e tante avventure avremmo vissuto insieme io, lei e il Chihuahua”.
Ed ecco perché Odorisio non ha età.
Ecco perché, leggendolo, non invecchieremo mai. Perché il sogno non è inconsistente, è solo un’altra possibilità.
Yes, it was in my way. Assolutamente da leggere, conservare e rileggere.
Clara Giovanetti
“Non invecchieremo mai”, Il Viandante Edizioni: