Luciano Odorisio, Politica

Massimo Cacciari: “Zinga, la fiction e i 5S”

Stralcio di un articolo di Massimo Cacciari per Il FQ, 12-3-19

“(…) 

…la stessa egemonia salviniana sul centrodestra ne definisce l’area impedendone ogni ulteriore allargamento, emerge con sempre maggiore evidenza la fisiologica difficoltà, se non incapacità, a governare del Movimento 5 Stelle, proprio per quella sua natura “perversa e polimorfa”, che ne aveva promosso il successo giovanil-nuovistico. 

Il PD, in  questa  situazione, può “capitalizzare”, da un lato , “valori” tradizionali della sinistra contro nazionalismi xenofobi e regressivi ( “valori” su cui i leader pentastellati debbono ora per forza tacere dopo le penose figure al seguito del peggior Salvini) e, dall’altro, presentarsi come una affidabile forza di governo. 

Limitandosi a un tale esercizio e svolgendolo con un po’ di diligenza, Zingaretti può portare il Pd a un risultato dignitoso. 

Primum vivere, certo – ma forse qualcosa di più potrebbe essere virtuosamente spremuto dalla situazione. 

Per ottenerlo, temo però che il nuovo segretario debba mostrare fin d’ora la sua reale intenzione di rifondare il partito, senza limitarsi a profittare delle rendite che i limiti altrui oggi gli garantiscono

Guai a opporre alla crisi dei 5Stelle generici europeismi e generici appelli alla responsabilità e governabilità. 

Delle diatribe interne ai suoi leader non interessa nulla; interessano quei settori di opinione pubblica, diversi tra loro, che hanno creduto di trovare nel Movimento 5 Stelle la possibile risposta a drammatici e reali problemi. 

È su di essi che il Pd deve avanzare proposte non conservative e proporle, con giusta modestia, al confronto. 

A partire da reddito e occupazione. Meglio il casino del reddito di cittadinanza degli 80 euro. 

Ma, cari 5Stelle, manca ancora l’apparato amministrativo che saprà far funzionare il reddito; e manca una politica di bilancio in grado di garantirne la copertura nel tempo (non si potrà finanziare all’infinito aumentando il debito). 

E poi le infrastrutture e i lavori pubblici. Certo, uno Stato non può funzionare senza un minimo di continuità amministrativa. 

Ma, vivaddio, bene farla finita con l’ideologia delle Grandi Opere, dei Mose e dei Tav, bene puntare su riassetto idrogeologico, cura e manutenzione del territorio. 

E non vi pare, tuttavia, che per una vera politica ecologista, senza ideologismi o settarismi infantili, sia necessaria una riforma delle Regionie degli Enti locali? O pensate che gli interventi sul territorio possano essere decisi a Roma dai Toninelli di turno (o dai Salvini)? 

E allora come mai, amici dei 5Stelle, non esiste alcuna vostra proposta in materia? 

Zingaretti, da parte sua, saprà avviare finalmente nel Pd un lavoro serio per rilanciare le riforme amministrative e istituzionali necessarie, dopo il fallimento del referendum renziano? 

E poi ancora, scuola, formazione, ricerca. Possibile che un movimento nato e cresciuto nel virtuale, nel digitale, nel web, ecc., non apra bocca su tali materie? 

E il Pd avrà compreso che la ricetta non è certo quella “buona scuola” che gli ha fatto perdere qualche centinaia di migliaia di voti? 

Europa, infine, madre di tutte le battaglie. Per far comprendere all’elettorato 5Stelle che l’Unione europea è necessaria, occorre che il Pd esprima chiaramente come e con chi sia possibile cambiarne stra- tegia economica e ruolo internazionale. 

Una forza nata nel web può credere alla potenza degli Staterelli? 

Il Pd riuscirà a spiegare che la costruzione di una sovranità europea in un contesto federale è l’unico modo di salvare anche un’autentica sovranità nazionale? 

Se riuscirà a spiegarlo, l’intesa con vasti settori di elettorato giovane dei 5Stelle risulterà naturale.

Ma chi elaborerà questi contenuti e li comunicherà nei prossimi mesi? 

A ciò dovrebbe essere chiamato il gruppo dirigente del Pd. 

Se nascesse a imitazione del precedente, o come un pasticcio tra vecchio e nuovo, anche le sue proposte finiranno con l’apparire nel segno della continuità. 

E non potranno rappresentare alcun nuovo inizio – ciò che solo potrebbe strategicamente mutare gli equilibri politici italiani. 

Zingaretti non potrà misurare il suo successo soltanto sulla tenuta alle Europee, ma se, ben oltre quella scadenza, avrà mostrato nei fatti di voler costruire un gruppo dirigente nuovo, un partito nuovo con un nuovostatuto,esuquestabase e con queste forze un rapporto diverso, positivo con quei corpi sociali, quegli interessi, quelle culture che hanno abbandonato il Pd non perché trasformati da qualche Circe in salviniani o sovranisti, ma per la ragione esattamente opposta: perché populista era diventata la leadership del partito, e incapace di rispondere alla crisi sociale, alle disuguaglianze, alle domande della sua stessa gente.”

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