Luciano Odorisio, Politica

LA LEZIONE DI SALA SUL DIALOGO CON M5S

Riporto un articolo di Franco Monaco per il FQ scritto in forma di lettera al sindaco PD di Milano, Beppe Sala.

Caro sindaco Sala, in un suo intervento tv, l’ho sentita rompere un tabù, sfidare gli anatemi incrociati e sostenere a viso aperto l’es i g e n z a che il Pd dialoghi con i 5stelle.

Parole chiare che apprezzabilmente si discostano da quelle opposte o reticenti dei candidati alla guida del Pd. 

Magari di natura tattica: i passaggi congressuali esaltano l’orgoglio identitario dei partiti, specie se, alla spalle, si scontano anni di reciproche scomuniche.

E tuttavia trattasi di questione cruciale per gli sviluppi della politica italiana che dunque non può essere ulteriormente esorcizzata. 

DEVO CONFESSARLE un mio pregiudizio nei suoi confronti.

Sia a motivo del segno originario della sua candidatura a sindaco di Milano, della casacca che le mise addosso Renzi nel tempo in cui egli coltivava la suggestione del “partito della nazione” che occupasse il centro del sistema politico. 

Sia in ragione di una mia personale riserva, forse un po’ retrò, verso la cultura dei manager “prestati”alla politica.

Una perplessità, quest’ultima, acuita dalla stagione berlusconiana con la sua fuorviante idea di applicare alla politica i moduli aziendali. 

Mi sbagliavo o comunque ho dovuto ricredermi.

Smentendo i miei pregiudizi, ho registrato tre sue qualità: la buona amministrazione nel solco della giunta Pisapia, una capacità inclusiva genuinamente politica, la schiettezza e la concretezza di chi…va al dunque, disdegnando gli arabeschi politicisti. 

Schiettezza e concretezza singolari che ho ritrovato appunto nelle sue recenti parole e che potrebbero e dovrebbero imprimere una scossa al grigio ed estenuato confronto congressuale del Pd.

Mettendo al centro la questione delle alleanze e, segnatamente, del rapporto tra Pd e 5stelle. 

Questione ineludibile per un partito che dovrebbe aspirare a un’alternativa di governo avendo archiviato quella velleitaria “vocazione maggioritaria” che oggi –numeri alla mano – suonerebbe ridicola. 

Il Pd, pur pesantemente sconfitto il 4 marzo scorso, ne uscì come secondo partito, ma irresponsabilmente Renzi lo inchiodò all ’immobilismo e alla sterilità, anche quando Mattarella gli offrì l’opportunità di mettersi in gioco, rifiutando persino di andare vedere le carte dei 5stelle e gettandoli così tra le braccia di Salvini. 

Costui ha potuto e può maramaldeggiare, egemonizzando il governo, appunto perché il Pd si è inibito ogni iniziativa, non ha offerto alcuna sponda. Secondo la narrazione renziana – acritica – mente recepita da gran parte del Pd –Lega e 5stelle sarebbero sostanzialmente la stessa cosa, cioè estremisti di destra.

Una sciocchezza, una sfida all’evidenza di contraddizioni dentro la maggioranza gialloverde che puntualmente si manifestano ogni santo giorno.

Le esemplificazioni si sprecano. 

Mi limito a segnalare quattro issues qualificanti la polarità destra-sinistra: davvero si può sostenere che Lega e 5stelle la pensino allo stesso modo quanto a sensibilità sociale-ambientale, lotta all’illegalità e ai privilegi, governo dell’immigrazione (vedi il Global compact Onu), posizionamento in Europa e, segnatamente, rapporto con i montanti partiti della destra nazionalista che guardano a Salvini come al loro leader?

Non mi sfugge che vi siano problemi su entrambi i fronti, che i 5stelle scontino una identità indefinita e polimorfa che li espone a una certa loro assimilazione/subalternità a chi con loro interagisce.

Ma appunto tale profilo mobile, incerto, condizionabile da chi si dispone a dialogare e comunque a insinuarsi nelle sue vistose contraddizioni interne è appunto una opportunità.

Naturalmente per chi vuole e sa fare politica, come suggerisce Cacciari. 

Più volte mi è occorso di ricordare che il Psi di Craxi, con un modesto 10 per cento, fu il dominusper un decennio della vita politica italiana, avendo esso a che fare non con un movimento magmatico e acerbo, ma con due signori partiti come Dc e Pci. 

DUNQUE, CORAGGIO, caro Sala. 

Vada avanti.

Renzi, non candidato, si sta applicando scientificamente a sabotare il congresso e il Pd.

Anche lei non è candidato, ma può dare un contributo a vivacizzare il congresso e a prefigurare un altro Pd.

Ennesimo paradosso: un congresso il cui esito è affidato a due non candidati!”

Facebook Comments

Write a comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: