Dinanzi al pugno chiuso di Toninelli in Senato, che ha tanto scandalizzato un po’ tutti, mi è tornata in mente la canzone “Pugni Chiusi” dei Ribelli, anno 1967.
Quanto diverso e quanto lontano nel tempo il pugno chiuso di Toninelli!
Il ministro voleva manifestare la sua esultanza, in seguito all’approvazione del Decreto per Genova. Probabilmente con quel gesto dava sfogo alla tensione e alla rabbia accumulatesi nei giorni precedenti: finalmente era arrivato l’obiettivo atteso ed era il momento di esultare.
Direi uno sfogo intimo, non rivolto all’assemblea dei senatori, senza valenza politica, ma spontaneo.
Se avesse riflettuto un momento, non l’avrebbe fatto, se avesse pensato alle reazioni e alle interpretazioni del suo gesto, avrebbe gioito, questo sì, ma in modo composto, come si addice a un ministro.
Come avrebbero fatto il perfettino Di Maio o il serio ed equilibrato Fico.
Ma Toninelli è così, spontaneo, non regge la pressione del suo ruolo e lo manifesta. Aggiungete che in questi ultimi tempi è stato sotto i riflettori, oggetto di una satira feroce.
E lui non c’è abituato.
Ho notato che molti deridono il suo sguardo fisso dietro gli occhiali, come se fosse lo scemo del paese. Mi disturba molto la cosiddetta satira che ride dei difetti fisici. Non ci si chiede se quello sguardo non derivi dalle spesse lenti che Toninelli deve indossare a causa di chissà quante diottrie. In questi tempi feroci mancano tutti di empatia.
Vorrei però ricordare a Toninelli che il pugno levato è un gesto nobile, del quale non si deve abusare, nemmeno per esultare, soprattutto se si siede ai banchi del Governo.
E se i Ribelli nel 1967 stringevano i pugni per un amore finito, quel gesto ha sempre significato protesta, ribellione, ha sempre avuto un valore politico.
Mi piace ricordare, a tal proposito, un unico esempio, che ebbe, però, il merito di colpire il mondo intero e divenne un simbolo di lotta.
Gli atleti statunitensi Tommie Smith e John Carlos, durante la premiazione alle Olimpiadi di Città del Messico, levarono il pugno chiuso in segno di protesta a favore dei diritti umani.
E quel pugno chiuso dovremmo levarlo anche oggi per la stessa ragione.
Ma forse tanti, dopo cinquanta anni, lo hanno dimenticato.
Caterina Abbate