Non sono del tutto d’accordo, forse è eccessivo nelle sue previsioni, almeno spero, ma va letto e tenuto a mente, meglio essere vigili e attenti.
“C’è un signore che vuole a tutti i costi diventare il Vladimir Putin italiano. E se ci riuscirà, vedremo sparire la nostra repubblica caotica, ma pur sempre democratica, dentro un regime autoritario come la Russia di oggi. Guidata con una mano di ferro dal vero Putin.
Chi è questo signore? Il Bestiario, che ritorna sulla scena grazie a Dagospia, una risposta ce l’ha: è Matteo Salvini, il padrone totalitario della Lega.
Per il momento si limita a combattere Silvio Berlusconi, il miliardario che lo aveva lanciato.
Ma dopo averlo sconfitto, si dedicherà a due personaggi che si illudono di essere al sicuro dalle ambizioni pericolose del capo leghista: il premier Conte e il vicepremier Di Maio.
Perché l’avvocato Conte e lo steward fallito Di Maio si credono invincibili? Il primo motivo è che sono così fessi da non accorgersi delle intenzioni di Salvini.
Lo ritengono un alleato fedele, un tantino parolaio e trombone, ma niente di più. Il secondo motivo è che nessuno li sta combattendo.
La sinistra italiana ha smesso di esistere. Sta ai piedi Cristo, avrebbe detto la mia magica nonna Caterina, analfabeta però furba. Dall’esangue segretario Martina in giù, il Partito democratico è un’accozzaglia di profughi, tentati di rimettere in sella il Super Bullo. Ossia il Renzi che si dice pronto a presentarci un altro scherzo da prete mascherato da miracolo. Altri oppositori non ne vedo.
L’Italia di oggi e il paese adatto a piegarsi ad una controfigura di Putin. Non è più una democrazia, ma una diarchia.
Prima o poi, Salvini e Di Maio cominceranno a farsi la guerra. Il sultano leghista non ha nessuna stima del proprio alleato.
Lo considera un debole allievo di Beppe Grillo, incapace di risolvere il più piccolo dei problemi.
Lo dimostra la fantozziana vicenda delle vaccinazioni dei bambini da ammettere all’asilo e poi alle elementari.
Dura da mesi senza una decisione accettabile.
La ministra competente, Giulia Grillo, non sa che pesci prendere: è davvero un’oca giuliva.
Chi conosce bene Salvini sa che il dittatore della Lega vorrebbe liberarsi del terrone Di Maio, dei suoi ometti e delle sue donnine, a cominciare dalla povera Grillo. E prima o poi si imporrà come l’unico leader voglioso di mettere un po’ d’ordine in questa Italia vicina allo sfascio. Prima ancora di proclamarsi il Putin italico.
I suoi colonnelli giurano che il Super Leghista non tarderà a scendere in guerra contro gli alleati di governo.
Lui sa bene che l’autunno del 2018 vedrà tante aziende in crisi, con il corredo di molti licenziamenti.
Tra queste ci sarà anche uno dei primi quotidiani italiani: “Repubblica”.
Nato nel gennaio 1976 dalla genialità imprenditoriale di Eugenio Scalfari e di Carlo Caracciolo, per anni è stato il giornale leader dell’informazione quotidiana riformista in Italia.
Vendeva centinaia di migliaia di copie, grazie a un’intuizione di Barbapapá, il fondatore: quella del giornale libertino, capace di sorprendere e anche di smentirsi.
Posso ben dirlo io che ho lavorato a “Rep” per quattordici anni, da inviato e poi da vice direttore, prima di passare all’“Espresso” con Claudio Rinaldi.
Babarpapà Scalfari aveva un obiettivo: vendere più del “Corriere della sera”.
E per un periodo di tempo ci riuscì.
Oggi “Repubblica” sta alla canna del gas. Le sue vendite sono un segreto di Stato. Gli esperti dicono che non arrivi alle centomila copie.
Un disastro dal momento che il direttore in carica, Mario Calabresi, dispone di una redazione gigantesca che pare sia di oltre quattrocento professionisti. Un esercito destinato a ridursi.
Con quali strumenti e con quali esiti? Nessuno lo sa.
L’unica certezza è che qualsiasi intervento chirurgico non potrà essere rinviato di molto. E allora, temo, pioveranno i
Dalla sorte di “Repubblica” dipende anche quella settimanale “L’Espresso”, guidato da Marco Damilano.
E’ diventato un allegato del quotidiano di Calabresi. Si dice che abbia un cospicuo numero di abbonati. Quanti? Mistero.
In passato vendeva davvero tanto. Negli anni Settanta, sotto la guida di Livio Zanetti, la tiratura si avvicinava alle 400 mila copie.
Oggi è un settimanale tetro, senza un sorriso.
Sfoggia copertine da bollettino parrocchiale, se paragonate alle Ragazze coccodè di un direttore geniale e insuperabile come Claudio Rinaldi.
Mi piacerebbe conoscere che cosa ne pensa l’editore, l’ingegner Carlo De Benedetti. Meglio una ragazzona nuda o la Vespa d’antiquariato di Nanni Moretti?
I media stampati contano poco nell’Italia di oggi.
Ma sono sempre aziende molto delicate, soprattutto quando incontrano una fase critica.
Se mister Salvini diventerà il Putin italiano, dovrà stare molto attento a come si muoverà su questo territorio minato.
Potrebbe costargli caro.”
Giampaolo Pansa