di Francesco Maria De Collibus
Il consenso esploso di Salvini non deriva solo dalle sue politiche di ultradestra, ma dall’aver dato un volto al governo, dall’esserne la parte più visibile, presente e rumorosa.
Così facendo ha incamerato tutti i proventi derivanti dalle istanze dei grillini: novità dei volti, stacco col passato (niente accordi con Berlusconi e altre forze giudicate vecchie), alcune istanze giustizialiste efficaci come lo Spazzacorrotti o perfino sociali come il Reddito di Cittadinanza senza mai pagarne lo scotto, anzi, facendo passare sistematicamente i propri colleghi ministri per idioti e sempliciotti grazie alla maggiore esperienza.
Persino la faccia tranquilla, quasi da fotoromanzo, di Conte portava indirettamente consenso a Salvini smussandone le divise e le ruspe. Poco importa che la Lega sia un partito vecchio e pieno di corrotti: a livello comunicativo Salvini si faceva passare come la parte più fresca e dirompente di un governo sponsorizzato come “del cambiamento”.
Non è un caso che il consenso di Salvini sia esploso dentro la cornice di quel governo, mentre prima, anche con la prateria che si era aperta a destra nel lungo tramonto di Berlusconi, si era fermato al 17%.
Ora però con la sfiducia che nasce senza un casus belli valido, all’indomani della fiducia ottenuta sul decreto sicurezza, rischia di far sembrare di nuovo Salvini un politico vecchio, una della solita destra, il nuovo Berlusconi da combattere, contro cui tanto bene le opposizioni si polarizzano.
Salvini ha scelto bene il periodo dell’anno per la crisi, la settimana in cui il paese si ferma, ma non il casus belli specifico, che nessuno ha capito e rischia di farlo passare come quello che ha staccato la spina solo per il proprio tornaconto.