Stralcio articolo di W. Marra per Il FQ, 15-05-19
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Nei primi mesi della sua leadership non si è fatto notare per scelte di rottura.
Per le candidature alle Europee, ha presentato tutta una serie di dinosauri come Patrizia Toja, Mercedes Bresso, Enrico Morando, oltre a riconfermare la prima fila renziana (da Simona Bonafè a Pina Picierno) per arrivare a notabili napoletani, come Andrea Cozzolino.
Poi c’è stato il capitolo Luigi Zanda: nominato tesoriere dem, il senatore ha presentato una proposta di legge per aumentare le indennità dei parlamentari (che il segretario gli ha chiesto di ritirare) e una per ripristinare il finanziamento pubblico dei partiti.
Appena vinte le primarie, Zingaretti ha scelto di andare nella Torino del Tav e non s’è fatto mancare neanche la nomina di Arcibaldo Miller, uno dei pochi pm graditi a Silvio Berlusconi, a capo dell’Ipab (Istituto Pubblica Assistenza e Beneficenza) Santa Margherita.
OSCILLAZIONI pure sulla “questione morale”: Zingaretti ha fatto dimettere Catiuscia Marini, presidente dell’Umbria, dopo l’inchiesta sulle raccomandazioni nella sanità (ora il Pd locale s’è mezzo rimangiato questa decisione), ma non ha preso nessuna decisione per il presidente della Calabria, Mario Oliverio, indagato per corruzione.
Così il Pd si avvia alle Europee del 26 maggio. In vista delle quali, peraltro, il segretario ha cercato di tenere dentro tutti.
Non solo in Europa, secondo lo slogan da Tsipras a Macron, ma soprattutto in Italia, dove in lista si va da Carlo Calenda a alcuni esponenti di Mdp.
E ha appena riconquistato alla causa pure Laura Boldrini, che ha dichiarato il suo voto per il Pd. Per quel che riguarda le dinamiche interne, l’approccio è quello di essere il più conciliante possibile pure con la minoranza postrenziana. Fino al voto.
Poi cercherà di portare il più possibile a sinistra il partito. Non solo: un’a lleanza con i Cinque Stelle in questa legislatura viene esclusa categoricamente da tutti.
Ma dopo il voto (soprattutto se anticipato) in prospettiva futura, una maggioranza con un M5S magari meno incentrato su Luigi Di Maio, appare realistica.
Non a caso, nel suo libro appena uscito, il segretario del Pd ha chiarito che “il reddito di cittadinanza non va deriso o contrastato con iattanza”.
Oltre a fare un’apertura di credito sul salario minimo.
PER LE EUROPEE, i renziani hanno fissato un’asticella alta: il 25%. Sotto, non sarà considerata una grande prova. In realtà, il numero atteso è il 22%: e gli equilibri rimarranno più o meno quelli di adesso. Perché Matteo Renzi sembra aver capito di non avere lo spazio per uscire dai dem, ma neanche ha la possibilità di riprendersi il partito.
Si darà al fuoco amico.
Previste una serie di iniziative: a fine giugno, l’ex segretario riunirà i suoi Comitati, Ritorno al Futuro. A inizio luglio, Lorenzo Guerini, Luca Lotti e Andrea Marcucci riuniranno la loro Base riformista (notare la sigla, Br) a Montecatini.
A PROPOSITO di riorganizzazioni, negli scorsi giorni, l’Ufficio di presidenza del Pd Senato, ha discusso e deliberato una nuova consulenza: la comunicazione del gruppo si avvarrà anche dei servizi della Jump, società di Marco Agnoletti.
Ovvero, l’ex portavoce di Renzi ai tempi della scalata a Palazzo Chigi e poi il suo capo ufficio stampa nell’ultimo anno alla segreteria del Pd. Una vicinanza che non può essere smentita dal fatto che ora la Jump sta facendo anche la campagna elettorale di Elisabetta Gualmini e Pierfrancesco Majorino.
L’iniziativa pare sia stata dello stesso Marcucci, il contratto non è ancora stato chiuso, ma si parla di qualche decina di migliaia di euro.
Nel frattempo, i renziani fanno campagna elettorale solo per i “loro” candidati.”