Interesssante articolo di Salvatore Cannavò per Il FQ:
“A furia di chiudere a ogni dialogo con il Movimento 5 Stelle il Pd potrebbe avere come unica prospettiva l’alleanza con la Lega.
Ipotesi che oggi appare irrealizzabile, ma che sembra meno assurda se si guarda alle scelte concrete, come l’intesa che si sta tessendo sul treno ad alta velocità.
Maurizio Martina e Sergio Chiamparino accanto a Riccardo Molinari, il “partito degli Affari” che si intreccia al partito “delle autonomie”, cioè le Regioni del nord in cerca di spazi di manovra e di cui fa parte integrante il forza-leghista Giovanni Toti.
Quello che oggi rende incompatibili Pd e Lega è fondamentalmente la politica di Matteo Salvini sui migranti.
Non tanto le scelte legislative, quanto la postura, l’atteggiamento “cattivista” con cui Salvini cerca di drenare consensi e guadagnare voti. Sul piano delle scelte si potrebbe a lungo discutere sulla continuità tra la gestione del ministero dell’Interno da parte di Marco Minniti e quella dello stesso Salvini.
Il primo a “chiudere i porti” fu proprio “l’uomo forte”del Pd, anche se non sfugge il salto di qualità che il leader leghista ha impresso alla sua propaganda e alla propria immagine. DIETRO LA VICENDA immigrati c’è poi un altro ostacolo rilevante: la questione europea.
Il Pd è un pilastro di questa Europa, Salvini sta cercando di incarnare un’alternativa “populista ” che però punta a rappresentare una gamba che affianchi il Partito popolare. Non si tratta di un rovesciamento radicale d el l’Unione, almeno non al momento, quanto di entrare con più determinazione nella “stanza dei bottoni” di Bruxelles.
Non è un caso che la Lega aspiri con determinazione a conquistare un commissario europeo nel governo di quella Ue che, non dimentichiamolo mai, è ancora intergovernativa e non si basa sulla volontà legislativa dell’Europarlamento.
I rapporti tra i governi e tra i principali gruppi a Strasburgo saranno ancora orientati alla concertazione e all’intesa ed è in questo gioco che Salvini sembra volersi inserire.
Per queste ragioni non vanno sottovalutate le intese progressive che Lega e Pd vanno tessendo sul terreno – quelle con Forza Italia sono acquisite – e che hanno accumulato nel recente passato.
La convergenza sul Tav è quella più eclatante, anche se non sorprendente, e deriva dal l’interesse verso quel “partito del Pil” che, nella sostanza, è fatto da Confindustria e dal tessuto di medie e piccole imprese, oltre che dai sindacati che a quel modello sono agganciati, e che costituisce ancora il blocco dominante del nord Italia.
Questa natura “sociale”, che guarda con disprezzo alla politica del reddito di cittadinanza, cementa anche l’intesa di fatto sull’autonomia del Nord.
Ne è testimonianza la lettera congiunta dei presidenti di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna i leghisti Attilio Fontana e Luca Zaia e il dem Stefano Bonaccini.
“Il percorso intrapreso rappresenta un ’opportunità importantissima non solo per i rispettivi territori, ma per l’intero Paese”, hanno scritto i tre a Giuseppe Conte per sostenere il disegno di legge che modificherà la Costituzione.
I DUE PARTITI hanno quindi basi sociali di riferimento e interessi al nord che convergono, ma la loro sensibilità alle ragioni delle imprese risalta anche in voti come quello della scorsa legislatura sui voucher.
Hanno un’attitudine istituzionale ben rappresentata da un senatore come Roberto Calderoli fautore della convergenza con il Pd sul Rosatellum, cioè l’attuale legge elettorale per il Parlamento.
Votano insieme per salvare i senatori da regolari processi invocando l’immunità parlamentare (è di pochi giorni fa il voto congiunto sui casi di Cinzia Bonfrisco, Stefano Esposito, Maurizio Gasparri e Ciro Falanga) e addirittura si spingono fino a voti congiunti contro l’aborto come è accaduto a Verona lo scorso ottobre. L’alleanza, lo ripetiamo, è oggi improponibile.
Ma i due partiti hanno comunque come punti di riferimento il liberalismo e l’efficientismo produttivista.
I manifestanti di Torino, espressione della città borghese e liberale, ne rappresentano i volti. Fuori dalla cerchia delle cittadelle del nord si muovono invece i diseredati e gli esclusi che in Francia si organizzano con i Gilet Gialli e in Italia guardano ancora con fiducia ai 5 Stelle.
E potrebbe essere questa la contraddizione principale della politica di domani. Non è un caso se gli attacchi più duri del Pd sono sempre contro il M5S e mai contro Matteo Salvini.”