Luciano Odorisio, Politica

DRAGHI: già finita la fase di santificazione?

 Il Fatto Quotidiano, 28-03-2021

DOPING IL CONSENSO DEL PREMIER ERA STATO “DROGATO” DAI MEDIA

MARCO REVELLI 

Nando Pagnoncelli sul Corriere definisce il calo di gradimento di Mario Draghi e del suo governo “un rimbalzo tecnico”. Di sicuro i primi numeri del premier erano “dopati”. 

Gonfiati da una prevalente stampa, che aveva gridato al miracolo, laddove di miracoloso non ci si può aspettare niente dalla politica contemporanea. Era stata creata un’aspettativa esagerata, come se con un tocco di bacchetta magica, semplicemente mettendo al posto di comando l’uomo della provvidenza, gli enormi problemi del nostro sistema amministrativo potessero essere risolti in un colpo. 

Può spiegare questo tipo di atteggiamento solo l’ostilità che aveva sempre animato gli atteggiamenti del giornalismo mainstream nei confronti di Conte e del suo governo. Io credo che sia stato fatto un cattivo servizio a Draghi stesso, esposto a un inevitabile rimbalzo che non definirei “tecnico” ma in qualche misura di credibilità politica. Dobbiamo aspettarci in futuro un ulteriore calo di fiducia, perché il sistema politico-amministrativo italiano è destinato a infilare altre défaillance.

NON È UN DIO PAGA LE ASPETTATIVE ALTISSIME E IL CAOS DEI VACCINI 

NADIA URBINATI 

È naturale che chi governa si trovi a fare i conti con promesse che non possono essere mantenute subito. Gli italiani hanno aspettative molto alte di una normalizzazione che ancora non può arrivare. E poi Mario Draghi non è una divinità. 

Il premier soffre dell’esaltazione con cui è stata raccontata da molti media la sua entrata in campo. È stato presentato come salvatore della patria, uomo della provvidenza, ma non può essere nessuna di queste cose. Troppe aspettative, e troppo grandi, si scontrano con una realtà che invece se ne va per conto proprio. 

Penso Draghi sia un uomo che sa quello che vuole e non si faccia condizionare da queste esaltazioni. È il Sistema Italia che è in crisi, paga la schizofrenia pluralistica delle Regioni, quando invece in una “fase di guerra”, come ha detto il premier, bisognerebbe remare insieme. 

Le notizie che arrivano sulla campagna vaccinale non aiutano. In alcuni territori non si è scelta la via naturale –il criterio dell’età –ma si sono privilegiate classi sociali e interessi organizzati. Poi ci sono gli errori dell’Europa: i contratti disastrosi con le cause farmaceutiche.

SENZA UN PIANO MOLTI SPERAVANO AVESSE UNA STRATEGIA PIÙ CHIARA 

ANTONIO NOTO

I numeri di Draghi sono in calo perché sembra che gli manchi un progetto. Non c’è un cronoprogramma, una pianificazione che faccia capire quali siano le intenzioni del governo nel lungo periodo. Draghi era partito con una credibilità enorme, era vissuto come un manager di successo, un uomo d’azione che prende in mano la situazione e segue un piano chiaro, preciso. Invece la percezione è che un piano preciso non esista. 

Nel breve termine, l’azione di questo governo è proseguita sulla falsariga del precedente, anche in quelli che erano percepiti come punti di debolezza. Si naviga a vista, ci si affida al quotidiano, al day by day. L’attesa nei confronti di Draghi resta molto alta, ora ci si aspetta una strada da seguire. Magari c’è già, ma lui non la comunica. 

Così viene a cadere l’elemento di rassicurazione che aveva garantito numeri di consenso elevatissimi al premier. Poi c’è un altro fattore: nell ’immaginario collettivo non esiste una squadra di governo omogenea, ma singoli ministri. Non trapela l’idea di una coesione, non c’è gioco di squadra.

DISCREPANZE GRANDE SOSTEGNO IN PARLAMENTO, MENO IN PIAZZA 

GIANFRANCO PASQUINO

Non posso dire di essere sorpreso dalla flessione nel consenso di Mario Draghi. Il calo è tutto sommato limitato. Il premier fino a questo momento ha parlato ancora poco, ha espresso principi e auspici anche condivisibili, ma nei fatti non si vedono cambiamenti significativi. D’altra parte è difficile cambiare i fatti, non basta dire di essere competenti quando la realtà è così complessa e difficile da scalfire. I numeri dicono che Draghi e il suo governo hanno ancora un consenso superiore al 50%. 

Una cifra che resta positiva, ma bisogna considerare che questo esecutivo è appoggiato dall’85% dei parlamentari; una base impressionante, molto più larga del reale apprezzamento che c’è fuori dai palazzi. 

Non credo che la diminuzione nella fiducia in Draghi sia colpa della sua scarsa capacità comunicativa, penso invece sia responsabilità degli intermediari, cioè i giornalisti. Gran parte della stampa e dei media italiani hanno inscenato un’ovazione incredibile alla nascita del governo Draghi. 

Ora si inizia a vedere che quell’ovazione non riflette un eguale entusiasmo tra i cittadini elettori.

INCOERENZA AVEVA PROMESSO ALTRO RISPETTO ALL’ENNESIMO CONDONO

ROBERTA DE MONTICELLI 

Da cittadina semplice, credo che Draghi stia pagando la forte delusione dell’opinione pubblica su un tema specifico, quello del condono. Il premier aveva fatto un discorso alle Camere che aveva un punto di caduta fondamentale: la crisi della pandemia sarebbe stata affrontata in contemporanea alla crisi delle istituzioni, oggetto di un rinnovamento profondo. 

Draghi era stato molto chiaro sul fatto che i due processi sarebbero andati di pari passo, le sue parole su questo erano state nette, limpide. Sembrava davvero consapevole di ciò che fosse necessario per far tornare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Invece poi è arrivato l’ennesimo condono. 

È una grande ferita nella reputazione di Draghi, perché si riteneva che il premier avrebbe imposto una diversa interpretazione della dialettica tra governo e delle forze politiche. Si pensava che i partiti che avevano risposto all’ap – pello del presidente della Repubblica avrebbero rinunciato a far pesare i rapporti di forza reciproci e avrebbero messo davanti a tutto le ragioni dell’emergenza. Invece non pare proprio così.

RITORNO SULLA TERRA FLESSIONE NATURALE, STESSI NUMERI DI CONTE 

ROBERTO WEBER 

I sondaggi dicono che Draghi inizia a confrontarsi con un’op – posizione politica che in Parlamento non esiste, ma nel Paese evidentemente sì, come è giusto e naturale che sia. La nascita del suo governo è stata avvolta in un cono mediatico quasi insultante per quanto servile: Draghi è stato presentato come un personaggio magico.

Una percezione alterata della realtà. Quando si descrive e si connota così un personaggio pubblico, prima o poi è inevitabile che arrivi il confronto con la realtà, Draghi si dovrà incontrare o scontrare con un’insofferenza che è latente ma esiste nel Paese. 

Poi c’è la questione dei vaccini: una questione che se non dovesse essere risolta rischia di far scricchiolare non tanto Draghi, quanto l’intera impalcatura europea. Detto questo, la flessione del suo consenso è anche fisiologica, partiva da un numero davvero molto alto. 

La fase di “santificazione ” è terminata, Draghi nei miei sondaggi è attorno al 57% della fiducia, alla pari con lui c’è Giuseppe Conte, che resta su numeri davvero alti, malgrado in questo periodo sia in una posizione laterale.

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