Luciano Odorisio, Politica

Dopo elezioni…governo cade, non cade? Tutti insieme?

Stralcio da una rticolo di Wanda Marra per Il FQ, 05-05-19

“(…)

UFFICIALMENTE, i vertici del Nazareno negano di voler riparare i guai creati da altri. 

Ma una volta data una disponibilità (per quanto condizionata) a un governo di tutti, il voto alla legge di Bilancio viene di conseguenza. Sarà per questo che la speranza del Pd zingarettiano è che Mattarella non agisca come Napolitano. 

Ma nessuno si sente di negare che alla fine proprio questo avverrà.

L’ipotesi di un governo votato da tutti (Lega, Cinque Stelle, Pd, FI e magari Fratelli d’Italia) circola con insistenza. Una serie di indizi vanno in questa direzione. Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero a Frans Timmermans ha ammesso l’ipotesi. 

E per il grillino Alessandro Di Battista il governo può cadere dopo le Europee. 

AL COLLEsi studiano le opzioni: uno dei dossier più gettonati è quello che vedrebbe un governo guidato non da un economista alla Mario Monti, ma da una donna (Elisabetta Belloni o Paola Severino) che si faccia carico dell’aumento dell’Iva e riesca a salvaguardare reddito di cittadinanza e Quota 100. 

Dovrebbero farne parte seconde file di 5Stelle e Lega, con innesti del Pd. Soluzione alquanto complicata: come convincere tutti a votare un compromesso che oggi nessuno può immaginare, con il rischio che qualcuno si sfili? 

Nonostante questo, potrebbe rivelarsi come l’unica possibile: l’altra vedrebbe Matteo Salvini mettersi a capo di una maggioranza di centrodestra, con l’aiuto di nuovi Responsabili. 

Ma davvero sarebbe disposto a fare il premier senza passare per le elezioni, inglobando quel che resta dei berlusconiani e magari accettando la stampella dei renziani? Difficile crederci. E dunque, il governo tecnico sarebbe l’ennesimo “sacrificio” del Pd, con risultati dubbi. 

Nonostante Zingaretti evochi le elezioni un giorno sì e l’altro pure, il Pd non è pronto per il voto: quel che resta del renzismo pronostica un pessimo risultato alle Europee, con conseguente dissoluzione del partito. 

E poi chi sarà il candidato premier? Che sia lo stesso Zingaretti è escluso, fin da prima delle primarie.

L’IPOTESI più accreditata fino a qualche settimana fa, vedeva come frontman Paolo Gentiloni. 

Se il voto fosse stato immediato, però. Altrimenti, l’esigenza è quella di un profilo più nuovo e meno consumato. Come il sindaco di Milano, Beppe Sala. 

“È una risorsa, non escludo nulla”, ha risposto Zingaretti a domanda diretta sul tema.

Il giorno dopo tutti minimizzano, a partire dallo stesso Sala: “Una risposta scontata, un apprezzamento di cui sono contento. Ma resto a Milano per due anni”. 

Però, le candidature si costruiscono proprio così: tra ammissioni che appaiono sfuggite e smentite più o meno obbligate.

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