Luciano Odorisio

Domenico De Masi:”Salvini vuole vincere da solo!”

di Ilaria Proietti per Il FQ, 10-8-19

Matteo Salvini rinuncerà presto a costumi da bagno e ciabatte da mare per vestire i panni dell’uomo solo al comando a Palazzo Chigi. Ne è convinto il sociologo Domenico De Masi che non dubita dell’esito delle prossime elezioni e neppure dei contenuti della nuova legislatura che si aprirà una volta che verrà archiviata quella segnata dalla crisi della maggioranza gialloverde. Ma prima di arrivare alle urne Matteo Salvini, il predestinato vincitore, dovrà vedersela con Giuseppe Conte: “il lombardo di Puglia”. 

Professore De Masi come vede il nuovo scenario? 

È molto più semplice da prevedere di quello delle elezioni del 4 marzo 2018: in questo caso si sa già chi sarà il vincitore, Matteo Salvini, e soprattutto cosa farà una volta diventato presidente del Consiglio. L’unico elemento di novità è che potrebbe trattarsi del primo governo monopartito e chiaramente di destra dalla nascita della Repubblica. Perchè il capo del Carroccio ha aspettato di staccare la spina al governo Conte giusto quando ha capito di poter fare a meno dei suoi alleati nel centrodestra tradizionale, che non esiste più. Ora non si sa se imbarcherà Giorgia Meloni o meno. Qual che è certo è che il partito di Silvio Berlusconi è alla frutta. 

E nell’altro campo?

C’è un 60 per cento di persone che non voteranno Salvini. Ma è una maggioranza informe, senza epicentro. 

Che tipo di premier sarà Salvini? 

Non sarà il tipo da spiaggia di oggi, vestirà ben altri panni per fare esattamente quello che ha già detto che farà grazie a una Rai che è già al suo servizio, a un blocco sociale largo che lo sostiene a partire da tutto il board imprenditoriale, da Confindustria a Confesercenti. E alla supervisione di Steve Bannon, che ora ha preso casa a Roma perché è convinto che l’Italia sia strategica per mandare in frantumi l’Europa. Come cambierà il nostro Paese? Io so che il Brasile, in soli tre anni di cura Bolsonaro, si è trasformato in un dittatore eletto democraticamente grazie agli errori degli altri, specie degli elettori di sinistra che pur di non votare il candidato l ul i an o hanno preferito starsene a casa. Anche qui il paragone con l’Italia mi pare calzante: il Pd resterà più o meno intorno al 20% perchè anche il nuovo sa di vecchio e il Movimento 5 Stelle si asciugherà, dimezzando i consensi. In entrambi i casi i loro potenziali elettori andranno a ingrossare la percentuale dell’astensione. 

Prima delle urne Conte vuole che Salvini dichiari quali sono le ragioni vere della fine dell’esperienza di governo. Cosa pensa dell’attuale premier? 

Conte è la figura più enigmatica di tutte perché ha una capacità di mimesi fortissima: 16 giorni dopo essersi insediato a Palazzo Chigi è andato in Canada per il G8 e se l’è cavata. Questo perchè ha una preparazione e una astuzia rapida anche nello smarcarsi dalle situazioni più difficili, come è stato il caso della sua gestione del dossier Tav. Qualità morotee che credo utilizzerà anche in questa fase così accelerata: ecco, lui è come Coppi che anche in salita aveva 35 battiti al minuto. 

Insomma Conte ha il fisico adatto? 

A dispetto dei suoi 30 anni anche Luigi Di Maio ha queste qualità e sarebbe ingiusto che venisse scaricata su di lui la responsabilità delle difficoltà del Movimento 5 Stelle. Di Maio ha lavorato sodo svolgendo tre o quattro ruoli contemporaneamente e gli è mancato il sostegno necessario per la sfida più importante, cioè la trasformazione del Movimento in partito. 

Ma Conte ha il profilo del leader? 

Non ci si improvvisa leader: è affidabile, ma non ha carisma. Ma ha l’unica cosa che agli altri manca, la cultura che è come la classe, non è acqua. Ma credo che il problema di un suo eventuale impegno sia soprattutto di spazio politico: diventare leader di che cosa? La destra è occupata da Salvini, l’unico spazio che c’è è a sinistra della Lega, ma Conte è neoliberista. 

Ma pure Matteo Renzi è neoliberista . 

E infatti le difficoltà del Pd sono legate a questo: la predominanza dei neoliberisti in un partito di sinistra. Ecco le difficoltà del Pd si misurano con la mancata volontà di fare un esercizio di realismo per trovare la rotta, in una società post-industriale, di una visione socialdemocratica. È una questione di identità. Fin qui leader come Renzi hanno detto: “mi piacciono le bionde e sposo una mora. Ma poi la faccio ossigenare”. Non va.

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