Stralcio di un articolo di Marco Pasciuti per Il Fatto Quotidiano, 01-11-2020
CONTAGI , NON SIAMO IL PAESE MESSO PEGGIO IN EUROPA
Secondo lo European Centre for Disease Prevention and Control, l’agenzia dell’Ue per la lotta alle malattie infettive, nelle ultime due settimane l’It a l i a ha registrato 424,2 casi ogni 100mila abitanti, inferiori ai 450,9 del Regno Unito, ai 530,7 della Spagna e ai 742 della Francia. Ben al di sotto anche dei 1.497,3 del Belgio, che è uno degli Stati più colpiti da questa seconda ondata.
Anche il numero di decessi ogni 100mila abitanti dice che il nostro Paese, che negli ultimi 14 giorni è a quota 3,1, viene dopo Gran Bretagna (4,2), Spagna (4,5) e Francia (4,9). Anche vista da una prospettiva più profonda, dall ’inizio dell’epidemia, la nostra situazione non è la peggiore: la media mobile settimanale dei nuovi casi calcolata dal Financial Times sul numero di giorni trascorsi dalla prima registrazione di 10 casi medi giornalieri dice che il 29 ottobre (utimo aggiornamento) Roma aveva una media di 21.552,7 casi contro i 40.532,3 di Parigi.
POSITIVI, IL 95% DEI NUOVI CASI GESTITO A DOMICILIO
Nella settimana tra il 21 e il 27 ottobre, fa sapere Altems, l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari dell ’Università Cattolica, tutte le Regioni “hanno fatto prevalentemente ricorso all’is ol amento domiciliare dei nuovi casi rinvenuti”. Nel complesso, in base ai dati pubblicati dalla Protezione civile, in Italia “ci sono stati 156,5 nuovi isolati a domicilio ogni 100mila abitanti, 8,1 nuovi ricoveri ordinari (x 100mila abitanti) e 0,8 nuovi ricoveri in Terapia Intensiva ogni 100mila abitanti: circa il 95% dei nuovi casi è stato quindi gestito a domicilio” con il valore massimo in Campania, pari al 98%, e il minimo in Liguria (87%). Il rafforzamento della medicina territoriale è ancora un miraggio, ma se non altro forse abbiamo imparato una delle lezioni della Fase 1.
RICOVERI, A MARZO LA PERCENTUALE ERA DOPPIA
Il 27 ottobre, si legge nel’ultimo monitoraggio settimanale di Istituto Superiore di Sanità e ministero della Salute, con dati disponibili per 129.764 casi su 252.739 (il 51,3% del totale esclusi guariti e deceduti), “117.534 (90,6%) stanno affrontando l’infezione presso il proprio domicilio/in altra s truttura” e “11.965 (9,2%) sono ospedalizzati”(ieri erano saliti a 17.966). Una situazione diversa rispetto marzo: il 23, quando i casi erano 57.989, sui 17.798 per cui erano disponibili i dati gli ospedalizzati erano 3.761, il 21,1%.
Diversa la situazione anche delle terapie intensive: a marzo ospitavano il 4,6% dei pazienti (818), il 27 ottobre lo 0,9% (1.224). Qui, poi, i numeri continuano a salire ma con un leggero rallentamento negli ultimi giorni: se il 20 ottobre il rapporto tra ricoverati in T.I. e attualmente positivi era dello 0,61% (870 pazienti su 142.739 infetti), record dal 22 giugno quando il rapporto era dello 0,62%, il 30 ottobre era sceso allo 0,54% (1.746 letti occupati su 325.786 positivi). L’aumento dei ricoveri in rianimazione, infatti, negli ultimi giorni ha fatto registrare una timida frenata: ieri sono stati 97 in più, il 30 ottobre erano 95, giovedì 115, mercoledì 125, martedì 127.
RIANIMAZIONI, AUMENTATI I POSTI DISPONIBILI
Dai 5.179 posti di marzo i posti di rianimazione sono arrivati agli attuali 8.548 con i 3.369 ventilatori fatti arrivare negli ospedali dalla struttura commissariale di Domenico Arcuri.
Un numero che comprende sia i letti attivati sia quelli attivabili in breve tempo. Il 29 ottobre Arcuri ha annunciato di avere “a disposizione altri ventilatori per arrivare a 10.337 posti”. Quello che manca è il personale. Secondo Aaroi-Emac, sindacato degli anestesisti-rianimatori, con il numero attuale di medici si riesce a mettere e a tenerne in funzione non più di 7mila.
“Mancano 4mila specialisti”, ha spiegato al Fatto il presidente Alessandro Vergallo.
È vero però che gli anestesisti in Italia scarseggiano e che per formarne uno servono 5 anni, quindi sarebbe stato oggettivamente non facile ovviare alla carenza nell’arco di pochi mesi. Occorre pianificare sul medio-lungo termine.
VACCINI, TEMPISTICHE SIMILI A QUELLE DELLA GERMANIA
L’Italia ha puntato sul vaccino su cui lavorano Oxford e AstraZeneca che sta per completare la fase 3 della sperimentazione e qualcuno imputa al governo eccessivo entusiasmo sul suo arrivo già a fine anno. “Confidiamo di averlo a dicembre – ha detto ieri il premier Conte –, ma arriveranno qualche milione di dosi per Paese, quindi dovremo fare un piano condiviso a livello europeo per intervenire sulle fasce più fragili e via via per le altre categorie”.
Quindi per averlo su larga scala “dobbiamo aspettare primavera”. Una tempistica simile a quella indicata dalla Germania, che punta sul BNT162 sviluppato da Biontech e Pfizer e i risultati della cui sperimentazione in fase 3 sono attesi a giorni: il ministro della Salute Jens Spahn ha detto che i tedeschi avranno le prime dosi “già a gennaio”.