Stralcio di un articolo di Luca De Carolis per Io FQ, 03-05-19
“(…)
HA DECISO di rimuovere il sottosegretario leghista alle Infrastrutture indagato per corruzione, e ha messo in preventivo una possibile, sanguinosa conta nel prossimo Cdm, l’ 8 o il 9 maggio, dove i ministri potranno dare un parere (non vincolante) sul decreto di revoca, che poi dovrà essere firmato dal Quirinale.
E chissà cosa farà, il Matteo Salvini che ieri sera descrivevano come “imbestialito”. Però salta ugualmente il fosso, Conte, e il tono di voce è controllato.
Ma la camicia è stropicciata, la cravatta viola allentata e il volto è segnato. Tratti inconsueti per l’avvocato.
Ed è lo specchio della sua ira, perché fino a pochi minuti prima, giurano, Conte aveva provato a convincere Siri a dimettersi.
Non c’era riuscito lunedì, in un incontro di due ore a tarda sera in cui il premier aveva già paventato il decreto: “Dimettiti Armando, non mi costringere a prendere decisioni pesanti”.
Ma Siri aveva detto no: “Mi dimetto solo se me lo chiede Salvini”. Però il capo del Carroccio non glielo ha chiesto, così ieri Conte ci riprova: “Se non lasci dovròchiederepubblicamentele tue dimissioni”.
Ma il sottosegretario non cede: “Voglio essere sentito dai magistrati”. E allora il premier tira dritto.
Ma non si aspetta lo sfregio delle 18.29 quando, pochi attimi prima del previsto inizio della conferenza stampa, Siri piazza un comunicato che è un’entrata a gamba tesa:
“Confido che una volta sentito dai magistrati la mia posizione possa essere archiviata in tempi brevi. Qualora ciò non dovesse accadere entro 15 giorni, sarò il primo a voler fare un passo indietro, rimettendo il mio mandato per rispetto del ruolo che ricopro”.
Ossia di andarsene prima delle europee del 26 maggio non ne vuole saperne.
Sillabe che fanno infuriare Conte. E che lo portano a rin- viare di mezz’ora la conferenza, e a virare sulla linea dura. Non più sola richiesta delle dimissioni, con annessa minaccia del decreto, ma l’avviso di revoca, dritto.
“Le dimissioni o si danno o non si danno, le dimissioni future non hanno molto senso” morde il premier. E poi “eventuali dichiarazioni spontanee non potranno segnare una svolta”.
E D’ALTRONDE l’avvocato Conte il suo verdetto lo ha già emesso, e lo spiega così: “Il sottosegretario si è prestato a raccogliere le istanze di un imprenditore.
È normale che si ricevano suggerimenti di modifiche di norme”. Ma il problema è un altro: “In questo caso la norma non avrebbe offerto chance future agli imprenditori, ma vantaggi retroattivi: era come una sanatoria, non era generale o astratta, e non disponeva per il futuro”. Per questo, conclude, “ho valutato l’opportunità e la necessità di dimissioni di Siri”.
E gli effetti potrebbero essere dirompenti. Conte, comunque l’arbitro, invoca responsabilità : “Invito la Lega a non lasciarsi guidare da reazioni corporative, ed esorto il M5S a non approfittarne per cantare vittoria”.
Saluti e via, senza accettare domande (brutto).
E sulle agenzie plana Di Maio, che si appella a Salvini: “Ha buon senso, non aprirà la crisi di governo, mi auguro che non si voti in Cdm”.
Ossia che Siri si dimetta prima. Però, avverte il capo del M5S, “in caso si voti noi in Consiglio abbiamo la maggioranza”.
Mentre il sottosegretario Stefano Buffagni al Fatto ripete la linea: “Io sono il primo dei garantisti, ma in una vicenda in cui si parla di mafia serve il passo di lato”.
E in generale nel M5S lo dicono tutti: “A Salvini non conviene aprire la crisi su un indagato, ci regalerebbe un’autostrada per la campagna elettorale”.
Ma Siri è ancora lì: come una mina.”