Cinema & Teatro, Luciano Odorisio, Politica

Carlo Freccero:”Non siamo pecore!”

Stralci di una conversazione, Il FQ 20-3-19, con Freccero in attesa dell’uscita del suo libro “Fata e Strega”

Torniamo al discorso sulla televisione pedagogica. Come mai l’Europa fa, con il servizio pubblico, una scelta così originale e diversa rispetto all’America? 

Quando la televisione arriva in Europa se ne percepiscono rischi e benefici. Da un lato c’è già una letteratura apocalittica (vedi Adorno) che individua nella televisione un possibile mezzo di condizionamento, tanto nella politica, quanto nei consumi. 

Si sceglie così, sulla base del concetto di Stato sociale europeo, allora prevalente, di non farne un business privato, ma un servizio pubblico. (…)

Pensiamo al fenomeno dell’analfabetismo nel dopoguerra. 

C’è uno storico programma che non saprei in che genere televisivo collocare, ma che è in qualche modo la metafora del colossale sforzo che la televisione fece per innalzare la cultura degli italiani: 

Non è mai troppo tardi, del maestro Alberto Manzi. Manzi è una sorta di precursore di don Milani e insieme di Che Guevara. 

Dopo l’esperienza italiana vagò per tutto il Sud am er ic a per combattere anche là l’analfabetismo. Era un visionario e un idealista. (…) 

La televisione di servizio pubblico realizzò quel l’unione linguistica del Paese che non era stato possibile portare a termine data la radicata sopravvivenza dei dialetti. È un dato riconosciuto dai maggiori linguisti. (…) 

Sembra che tu, che sei considerato un po’ l’artefice della televisione commerciale, sia in realtà un cultore del servizio pubblico… 

Forse l’ho capito in ritardo, ma attribuisco un grande significato allo sforzo dello Stato sociale europeo nei confronti della scuola pubblica e del servizio pubblico. (…)

Sento ripetere come un mantra che la democrazia americana è la migliore delle democrazie, ma non condivido questa idea. La democrazia americana si basa su una frattura tra élites e popolo. 

L’istruzione è a pagamento e mira alla conservazione delle élites di generazione in generazione. (…) 

Questo modello si è ormai diffuso anche presso noi europei. Non a caso Matteo Renzi voleva riformare una Costituzione che JP Morgan ha definito socialista, perché non favorisce le élites. 

Pensi che ciò comporti dei rischi per il concetto di dem o c ra z i a? 

Viviamo oggi in quella che Colin Crouch definisce post democrazia e cioè una democrazia solo apparente, in cui il popolo non ha partecipazione attiva e viene consultato solo al momento del voto. 

E il voto non è più “meditato” ma estorto con manipolazione e raggiri. 

Mi sono avvicinato al populismo e cioè alla convinzione che non esiste democrazia senza partecipazione popolare, come reazione ai miei studi sulla manipolazione nella comunicazione. (…). Mettiamola così. 

L’Europa riteneva che senza capitale culturale condiviso non ci fosse spazio per la democrazia. 

L’America, al contrario, ha sempre ritenuto che fosse compito delle élites manipolare il popolo affinché non si intrometta, se non formalmente, nella gestione della cosa pubblica. (…) 

In questa corrente di idee si colloca anche Mario Monti quando afferma: “La democrazia è una forma di governo sbagliata perché è assurdo che siano le pecore a guidare il pastore”. 

Ecco, la televisione pedagogica relegava le pecore tra un intervallo e l’altro. 

Ricordo ancora quella musica rilassante su uno sfondo di pecore al pascolo. Però, quando ricominciava la trasmissione questa non si rivolgeva certo a delle pecore. 

E se ci avessero chiamato pecore allora ce la saremmo presa.”

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