Luciano Odorisio, Politica

Carabiniere ucciso: Com’è nata la bufala dei nordafricani

La falsa notizia della cattura di quattro nordafricani in relazione all’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega è stata pubblicata da un collega della vittima e diffusa da un agente della Guardia di Finanza, che ha esposto le foto dei presunti colpevoli sulla sua pagina Facebook da oltre 6mila follower, incitando i suoi seguaci al linciaggio.

Si è svolta così una delle numerose trame laterali del caso di cronaca che ha tenuto l’Italia col fiato sospeso nella giornata di venerdì 26 luglio e che in serata ha visto la confessione di uno dei due studenti americani fermati per l’omicidio. In mezzo, come spesso succede in questi casi, molte reazioni scomposte della politica, che in alcuni casi sono arrivate a collegare apertamente la vicenda ai salvataggi operati dalle ong del Mediterraneo.

Fin dalla mattinata di venerdì si inizia a parlare di “caccia a due nordafricani”, per via di un titolo del Messaggero – ora modificato senza traccia di rettifica all’interno del pezzo – immediatamente rilanciato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, che nel post su Facebook auspica “lavori forzati” per gli autori del delitto.

In un articolo successivo, ancora il Messaggero fornirà un identikit più preciso dei ricercati, descrivendo uno dei due come “alto 1.80 e con le meches”.

La notizia viene riportata da molti organi d’informazione, da Repubblica a SkyTg 24, ma all’ora di pranzo non arriva ancora alcuna conferma ufficiale. Alle 12.47, la svolta. La pagina Facebook Puntato, L’App degli Operatori di Polizia annuncia la cattura di quattro nordafricani, “tre cittadini di origini marocchine e uno di origini algerine”, con tanto di foto segnaletiche e occhi coperti per tutelarne la privacy.

Si tratta naturalmente di una bufala, che resta online per un lasso limitato di tempo, ma tanto basta a scatenare il web.

La pagina di Puntato è ritenuta una fonte piuttosto affidabile, non solo perché è l’account ufficiale di una app privata ma agganciata al sito della Polizia e dunque utilizzata dalle forze dell’ordine per, citando il sito web ufficiale dell’azienda, “fare controlli speditivi del veicolo e redigere verbali”, ma soprattutto perché è amministrata da due carabinieri attualmente in servizio.

Nel giro di pochissimo tempo, su Twitter spuntano le schede segnaletiche dei quattro presunti sospetti, documenti riservati e non oscurati – teoricamente nelle mani dell’Arma dei Carabinieri – che riportano nome, cognome, fotografia e persino informazioni relative a domicilio e genitori degli uomini. Uno degli utenti che per primo ha postato le immagini – per poi cancellarle – ha rivelato di averle trovate su Portale Difesa, un aggregatore di notizie sulle forze armate dotato di forum e gruppo chiuso su Facebook.

A dare la definitiva visibilità alla falsa notizia ci ha però pensato una pagina Facebook chiamata “Soli non siamo nulla. UNITI Saremo TUTTO”, che ha ripubblicato la foto messa in giro da Puntato, accompagnandola con la didascalia “Ora lasciateli a noi colleghi ed al popolo, faremo noi giustizia”. Prima di essere cancellato, il post è rimasto online per sei ore, ottenendo quasi 5mila condivisioni.

Unico amministratore della pagina – come tiene a rivendicare nella sezione informazioni del suo profilo – è V. G., da 27 anni agente della Guardia di Finanza e con un breve passato in politica, da candidato di una lista civica in lizza per le comunali di Monte Romano, in provincia di Viterbo. La sua pagina Facebook è costellata di riferimenti espliciti alla destra estrema e al fascismo, tra i quali spiccano una bandiera di Casapound accompagnata dallo slogan #NoIusSoli e diverse immagini di Benito Mussolini.

Oltre a tre profili personali e allo spazio sul social già menzionato, l’uomo gestisce un’ulteriore pagina Facebook a suo nome. In uno degli ultimi post, condividendo la notizia dell’uccisione di Cerciello, scrive: “#grazieCarola. Mi raccomando, domani tutte senza reggiseno.

Mortacci vostra, spero vivamente che qualche volta tocchi a voi buonisti der cazzo”. E al commento di un utente (“Io gli tirerei l’acido mortacci loro”), controbatte con una frase da gelare il sangue: “Fratè io je tirerei co na 45”.

La Guardia di Finanza ha confermato a Wired di aver attivato “urgenti approfondimenti sulla vicenda” e che eventuali responsabilità saranno poi trasmesse all’autorità giudiziaria.

Simone Fontana per www.wired.it

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