Interessante quanto ironico articolo di FABRIZIO D’ESPOSITO per Il FQ:
“Com’era fin troppo prevedibile, il centenario di Giulio Andreotti, caduto il 14 gennaio scorso, ha scatenato una corsa alla canonizzazione di uno dei peggiori politici dell’Italia repubblicana, se non il peggiore, che potremmo riassumere in un ossimoro ironicamente blasfemo: San Belzebù.
L’ultima celebrazione ieri al Senato, alla presenza del presidente dei vescovi italiani, il cardinale Gualtiero Bassetti, e dell’immancabile Gianni Letta, l’uomo che ha esportato i mali dell’andreottismo alla corte di Silvio Berlusconi nella Seconda Repubblica.
E proprio l’iniziativa del Senato ha provocato l’indignata e amara rea- zione di Gian Carlo Caselli, il magistrato del processo Andreotti-mafia, che nel suo blog sull’Huffington Post ha ricordato per l’ennesima volta che il Divo Giulio fu colpevole fino al 1980 del delitto di associazione a delinquere con Cosa nostra.
Caselli parla di “masochismo istituzionale”, a proposito della celebrazione a Palazzo Madama, e la sua è un’intuizione che si può estendere anche ad altri aspetti di questo centenario.
Perché Andreotti fu il peggior politico della Prima Repubblica non solo per quella zona nera e grigia che ha coperto scandali e stragi e cosche; non solo per quel metodo di gestire il potere in maniera cinica e spregiudicata (altro che fede, caro cardinale Bassetti).
Sotto gli occhi di tutti c’è un dettaglio non secondario sfuggito a vari autorevoli commentatori che si sono cimentati nel discernimento dell’andreottismo, per giungere infine a uno scontato giudizio assolutorio della sua parabola.
Quel dettaglio è l’Italia di oggi e la sua evoluzione o involuzione, dipende dai punti di vista, in senso populista e sovranista.
La rabbia, il rancore, il sentimento anti-Casta sono i frutti dell’Italia di Andreotti indi ereditata da Berlusconi, ché l’ex Cavaliere, come ha sostenuto qualche anno fa Aldo Giannuli, è molto più figlio di Belzebù che di Bettino Craxi.
Andreotti, per esempio, fu il tappo maggiore che impedì alla Dc di rinnovarsi (contro il correntismo e le mazzette) negli anni Ottanta dell’era demitiana, simboleggiata in Sicilia dalla contrapposizione tra la Dc mafiosa degli andreottiani (Ciancimino e Lima) e quella della Primavera di Leoluca Orlando.
Il Caf, Craxi più Andreotti più Forlani, fu il ritorno dell’Ancien Régime che preparò la fine della Prima Repubblica, a colpi di monetine, cappi, Roma ladrona e retate.
Ecco perché oltre al masochismo istituzionale ce n’è uno politico, con la Casta che lo celebra (ieri c’erano pure Carfagna e Gelmini), inconsapevole che l’andreottismo è un propellente formidabile per il populismo.
Il Sistema continua a farsi del male, felice di farselo.”